Negli Stati Uniti chiuderà l'anno con un fatturato in crescita del 19%, nel Far East del 16% e in Giappone del 12% (rispetto al bilancio 2004). Sulla scorta di questi risultati, la maison Ferragamo rappresenta “l'interprete” ideale per capire come si muovono questi tre mercati cruciali, che cosa vogliono i consumatori e quali carte ha da giocare il Made in Italy da quelle parti.
«Cominciamo col dire, racconta Ferruccio Ferragamo, che il marchio tricolore ha un appeal diverso a seconda dei vari paesi». «Nei paesi emergenti, per esempio, dove si è creata una nuova classe di consumatori, il fascino del Made in Italy è certamente molto sentito. Diventa un grimaldello efficace per aprire le porte».
Come tratteggerebbe invece l'identikit del cliente cinese?
«Quando 12 anni fa abbiamo aperto il nostro primo negozio Ferragamo a Shanghai, ci siamo posti proprio questa domanda. La città era totalmente diversa da oggi: poche macchine, tanti risciò e un via vai di persone che oggettivamente parevano poco inclini allo shopping. Oggi è una capitale anche architettonicamente occidentale con una massa di consumatori molto attenti alla moda e allo stile. Soprattutto Made in Italy, ma anche affascinati dallo stile francese. E comunque da tutto ciò che è nuovo. Stesso discorso vale per paesi come il Vietnam, Hong Kong e India. Un mercato che ricorda molto la Cina di otto-dieci anni fa».
Spostiamoci adesso nella terra dei Samurai: che genere di cliente è quello giapponese?
«Molto prezioso perché è il più fedele. Se ti apprezza ti compra in tutto il mondo. Parlo, ovviamente della nostra esperienza che devo dire è stata ed è molto proficua. Siamo entrati sul mercato nipponico nei primi anni Settanta del secolo scorso e oggi abbiamo una rete distributiva che conta una settantina di punti vendita. Fiori all'occhiello sono i due flagship di Tokyo e Ginza e quello di Osaka, inaugurato proprio un anno fa».
Progetti futuri targati Ferragamo sulle tre aree che abbiamo radiografato?
«Tra Stati Uniti, Far East e Giappone abbiamo in programma di investire nel 2006 almeno 18 milioni di euro solo per nuove aperture nella rete direttamente controllata. In particolare, sono segnati in calendario 10 nuovi negozi in Cina, 8 in Giappone, 7 negli Usa e 4 in Korea».
Estratto da Affari&Finanza del 5/12/05 a cura di Pambianconews