Il made in Italy è il nostro secondo brand». Ferruccio Ferragamo è ottimista: il gruppo fiorentino, che si appresta a cedere il controllo di Ungaro, ha chiuso il primo semestre con un incremento del 10% dei ricavi consolidati, ma con punte del 18% nel core business delle borse, e la prospettiva di accelerare ancora nella seconda parte dell'anno. «Il fatto di produrre tutto in Italia è un plus che ci premia sui mercati mondiali, dice l'amministratore delegato della Salvatore Ferragamo spa, e non cederemo mai alla tentazione di delocalizzare» .
Il suo ottimismo riguarda solo la Ferragamo o anche il settore?
In primo luogo parlo per le nostre attività: al 30 giugno il fatturato di gruppo aveva raggiunto 253 milioni, con una crescita di due punti percentuali superiore all'8% registrato dal settore; la performance è ancora più rilevante considerando che il 75% delle nostre vendite è realizzato in area non euro, e dunque sconta un rapporto di cambio sfavorevole. Crescono Stati Uniti, dove il retail ha segnato +23%, America Latina (+50%o) e Cina (+48%).
Come mai Ferragamo ha deciso di cedere il controllo di Ungaro?
Perché è giusto che la casa francese trovi un azionista che, mettendo a disposizione tempo e mezzi, possa attuare con successo un piano di rilancio. Noi resteremo soci di minoranza, per assicurare continuità.
Quali saranno i settori e i mercati trainanti?
La pelle e le borse, cioè una parte rilevante del nostro core business, avranno le migliori performance. Poi si affermerà una nuova tipologia di compratori: i cinesi e russi che verranno a fare turismo e shopping in Europa e negli Usa. Più che preoccuparmi, l'Oriente mi pare una grande opportunità.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 12/10/05 a cura di Pambianconews