Siglata alla vigilia dell'invasione del tessile cinese, la «santa alleanza» della moda tra Italia e Francia si conferma più salda che mai. Come spesso avviene in tempi di guerra, fra ex nemici uniti dalla necessità di combattere un avversario comune: e che ci sia guerra in corso, per quanto riguarda l'abbigliamento, è difficile negare.
Una guerra commerciale, ma non per questo da sottovalutare, come ha ribadito il presidente della Camera nazionale della moda, Mario Boselli. «L'eccesso di importazioni cinesi a basso costo, ha detto, non ha alcun effetto positivo. Neppure sui consumatori italiani, che non ne traggono alcun beneficio: e intanto le nostre aziende chiudono. Ecco perché non insistiamo solo sulle quote, provvedimento necessario quanto inevitabilmente temporaneo, ma anche sui punti chiave permanenti dell'accordo con Parigi: marchio di origine obbligatorio, il cosiddetto “made in”, e realizzazione della zona paneuromediterranea, per competere meglio con l'Asia collegando i Venticinque con i Paesi del Nordafrica attraverso un'area di libero scambio».
Altro tema forte, la lotta alla contraffazione, come ha sottolineato Didier Grumbach, presidente della Federation française de la Couture. E non ci sono solo le copie grossolane: negli Stati Uniti, ad esempio, è assente la protezione del copyright per i disegni originali di moda, una vera scorciatoia per la pirateria. Da qui la pressione su Washington, anche con il sostegno di stilisti americani come Narciso Rodriguez, che ha come obiettivo quello di introdurre la protezione (di durata biennale) del disegno di moda.
Estratto da Il Giornale del 14/09/05 a cura di Pambianconews