«Pacta sunt servanda, i patti vanno rispettati». Così Paolo Zegna, presidente della federazione Ati-Smi, nata dall'unione tra Associazione tessile italiana e Sistema moda Italia, commenta la richiesta avanzata da settori della grande distribuzione europea affinché l'Ue riveda l'accordo, siglato tra il Commissario europeo al Commercio Peter Mandelson e il ministro cinese Bo Xilai, per limitare l'import di prodotti tessili e di abbigliamento cinese. In particolare, per il triennio 2005-2007 sono stati definiti i quantitativi importabili in Europa dalla Cina.
«L'accordo rappresenta un ragionevole compromesso tra i diversi interessi in campo, compresi quelli, non univoci, di diversi Paesi europei, sostiene Paolo Zegna in una nota. Le associazioni italiane ed europee del settore, pur consapevoli delle difficoltà che si venivano a determinare per molte imprese del tessile-abbigliamento del Vecchio Continente, hanno espresso un giudizio positivo sull'accordo perché, seppur in presenza di situazioni di concorrenza non omogenee, dava certezza ai flussi e consentiva di programmare le necessarie strategie di contrasto».
I Paesi del Nord, però, insistono per una maggiore flessibilità, temendo enormi perdite» per i propri importatori e venditori al dettaglio (in particolare, i grandi magazzini).
Secondo Zegna, la richiesta non è accettabile perché «la fase di crisi che attraversa il processo di unità europea – afferma – non ne trarrebbe nessun giovamento». Per difendere i consumatori il presidente propone una diversa soluzione: «Perché non impegnarsi prioritariamente, a livello europeo, per l'introduzione dell'obbligatorietà dell'etichettatura di origine sui prodotti del sistema tessile-abbigliamento-moda?».
Estratto da Il Giornale del 18/08/05 a cura di Pambianconews