Inseguire il consumatore o farsi seguire da lui? È l'amletico dilemma del marketing. Finora nessuno aveva pensato che valesse anche nel mondo della moda, dove è lo stilista a “imporre” le sue scelte al cliente, non viceversa. Poi è arrivato Robert Polet, 50 anni, presidente del gruppo Gucci dal luglio 2004. In un anno ha delineato molto chiaramente i suoi piani per il gruppo, spiegava ieri il «Wall Street Journal» in un lungo articolo richiamato in prima pagina. Non è più tempo di “stilisti superstar” che tutto possano all'interno del gruppo.
Il riferimento è a Tom Ford, il designer texano che in 10 anni riuscì a decuplicare i ricavi di Gucci, lavorando in (quasi) perfetta armonia con l'allora presidente e Ceo Domenico De Sole. Nel 1993 il gruppo fatturava 200 milioni di euro, nel 2004 2,6 miliardi.
Polet ha infranto molti tabù: ha chiesto consulenze esterne (De Sole non l'aveva mai fatto), organizzato focus group e sondaggi. Secondo un'indagine commissionata a Bain&Co., un cliente Gucci visita le boutique del marchio al massimo cinque volte all'anno. Il cliente Zara 17. Perché nei negozi della catena spagnola ogni tre settimane il 75% della merce esposta cambia. A chi gli fa notare che Zara e Gucci sono due marchi molto diversi, Polet risponde che oggi le donne eleganti «abbinano un pantalone Armani da 1.000 dollari a una giacca Zara da 89». I clienti sono cambiati, insomma. E gli stilisti dovranno adeguarsi. Almeno se vogliono lavorare con Polet alla “nuova Gucci”.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 10/08/05 a cura di Pambianconews