Il sorpasso dei senior sui giovani è un «segnale allarmante per il Paese» dice Matteo Colaninno, presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria, che chiede ai suoi coetanei «un segnale di disconuità» per aprire l'impresa al «mercato e a nuovi management».
Una società con meno giovani, quale sarà l'impatto sull'economia?
A un deficit demografico se ne aggiunge un altro, altrettanto preoccupante. E il deficit di qualità, di formazione dei giovani italiani che non solo diminuiscono ma sono, allo stesso tempo, meno preparati dei coetanei tedeschi o francesi. Basta guardare le statistiche sul numero di laureati italiani e le classifiche europee. In prospettiva, con il progressivo invecchiamento della popolazione e il calo delle nascite, l'education diventerà davvero una chiave competitiva strategica. L'arretramento della qualità del capitale umano è diventato uno dei motivi di impoverimento del nostro potenziale di crescita.
Quale contributo devono dare i giovani imprenditori?
Di maggiore apertura dell'impresa verso il mercato, verso il management, rinnovando l'organizzazione, anche incidendo sugli assetti proprietari. Questo non vuol dire rinnegare la tradizione italiana del capitalismo familiare e dei valori positivi che ha avuto. Parlo, per esempio, del radicamento sul territorio. Detto questo, è il momento di dare un segnale di discontinuità e di superamento del concetto, questo sì negativo, che la famiglia è il dominus assoluto. Ma il segnale serve ovunque, non solo nelle imprese, in tutto il Paese.
Ma mancano i giovani di talento o sono i senior che non mollano?
Lasciare il proprio posto a qualcuno è un esercizio difficile. Ma è vero che risentiamo della mancanza di nuove leve, di figure nuove che sappiano sostituire i senior. La nostra società è, come dicevamo, una società lenta. Che resiste al ricambio generazionale e al reclutamento di giovani.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 21/07/05 a cura di Pambianconews