Dieci anni fa la Fondazione Prada inaugurava una serie di mostre di arte contemporanea come a Milano non si erano mai viste: grandi artisti esponevano per la prima volta in Italia opere realizzate appositamente per lo spazio di via Fogazzaro, un impegno di respiro internazionale che nessuna istituzione pubblica si potrebbe permettere.
Lei partecipa attivamente alla programmazione delle mostre della Fondazione assieme al curatore Germano Celant: come scegliete gli artisti?
«Abbiamo capito che molti avevano idee utopiche, difficili da costruire, e quindi abbiamo deciso di collaborare ai loro “progetti impossibili”, realizzando le idee tratte dai loro sogni nel cassetto. Sono nate così installazioni uniche come quelle di Mariko Mori o Carsten Höller, che ora girano nei musei del mondo».
Di che cosa ha bisogno la cultura a Milano?
«Non credo abbia bisogno di mecenati, ma di persone che si impegnino seriamente e professionalmente condividendo un progetto culturale. Questo non significa dare soldi per un ritorno d'immagine, ma investire in un'attività che si condivide, anche se per riflesso legata alla propria produzione. L'idea di dare a fondo perso è datata, oggi bisogna co-produrre».
E le istituzioni cosa dovrebbero fare secondo lei?
«Se le istituzioni si muovessero a livello internazionale e non localista e tutti mantenessero un alto profilo, si potrebbe comporre un mosaico capace di attrarre investimenti e idee. Lo stanno facendo città come Roma e Napoli, dove la gestione illuminata dei sindaci e dei governatori sta creando un museo dopo l'altro, per non parlare delle realtà internazionali di Rivoli e Trento. Insomma Milano ha bisogno di una gestione culturale diversa. In città ci sono moltissime persone “illuminate” che capirebbero il cambio di segno e si impegnerebbero con la loro industria per creare sinergie; ma senza un progetto a lunga gittata non si fa nulla».
Come dire che pubblico e privato non dialogano.
«In tanti anni, alle mostre della Fondazione, richieste da molti musei importanti, non è mai venuta un'autorità pubblica milanese. Sono cinque anni che vogliamo regalare una scultura alla città, un gigantesco albero rotante di Charles Ray, ma ancora non ci hanno assegnato una piazza. Per fortuna ci sono i giovani, che hanno fame di cose intelligenti e quando c'è un progetto culturale sono sempre in coda per partecipare».
Estratto da Corriere della Sera del 10/06/05 a cura di Pambianconews