«Come viviamo la Cina? In modo paranoico. A volte con sufficienza come se fosse un modesto Paese del bricolage. Altre volte, |
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Che cosa pensa della proposta di istituire dazi per difenderci dalle importazioni cinesi?
«Dal 1995 sapevamo che sarebbero state abbattute le quote. In tutto questo tempo qualcuno ha programmato azioni cautelative? Non mi pare».
No, dunque, ai dazi sul tessile?
«E' correttissimo concordare con la Cina quote restrittive delle loro esportazioni. E' giusto convincere la Cina ad affrontare la questione in modo equilibrato. Ma il protezionismo unilaterale no. Ci sono le regole del Wto, applichiamole. E poi il vero problema non sono le importazioni ma è il costo del lavoro. La Cina compete sul mercato e vince perché ha un bassissimo costo del lavoro».
Che cosa facciamo? Facciamo la guerra alla Cina? L'industria europea deve però difendersi.
«Abbiamo capacità progettuale, abbiamo know-how, abbiamo qualità, abbiamo design. Siamo scarsi nella internazionalizzazione. La strada, attraverso le joint-venture, è quella di portare il meglio della nostra esperienza sul mercato cinese. L'Italia deve accettare la realtà della globalizzazione, le nostre aziende devono diventare più internazionali e non chiudersi a difesa dell'orticello».
Estratto da Corriere della Sera del 19/05/05 a cura di Pambianconews