Contro la concorrenza dei cinesi nel settore del tessile-abbligliamento, il La Cina è vicina, anzi è arrivata, e per il tessile si annunciano guai. Peter Mandelson, commissario europeo al Commercio, parla di «sfida epocale». |
Per niente. Sono contrario a qualsiasi tipo di atteggiamento protezionistico. Quella dei mercati protetti è una cultura che non mi appartiene.
E allora?
Allora dobbiamo metterci in testa che siamo nell'era della globalizzazione. E che la Cina è entrata nella Wto, quindi ha libero accesso al mercato europeo. Detto questo, il modo di affrontare i problemi dipende molto dalle dimensioni dell'azienda. I grandi gruppi hanno al loro interno le risorse, non solo finanziarie ma anche culturali e manageriali, per farlo. Per i piccoli, è un'altra storia.
I grandi gruppi italiani non è che se la passino bene. Guardi la Fiat, guardi dove è finita la Lucchini.
Forse gli imprenditori italiani hanno cominciato a fare i conti con la globalizzazione più tardi rispetto, che so, agli americani, Però abbiamo anche gruppi come Pesenti e Merloni che all'estero investono e comprano. O la Luxottica di Del Vecchio. O un gruppo come Pirelli. Serve l'innovazione, altrimenti il rischio è di finire come la tedesca Adler. Cioè male. Era il numero uno mondiale nel settore delle macchine per cucire, ma la concorrenza giapponese l'ha messa in crisi e l'anno scorso ha chiuso. Poi il marchio lo hanno comprato i cinesi.
Estratto da Panorama del 25/02/05 a cura di Pambianconews