Orfano di Tremonti, e sempre più preoccupato dalla concorrenza cinese, ancor di più dopo il primo gennaio e la decadenza dell'accordo Multifibre con le quote alle importazioni, il tessile lombardo cinge d'assedio Palazzo Chigi
Per il sistema italiano della moda, 75 mila imprese con 670 mila addetti e 51 miliardi di fatturato, il 2004 ha segnato un recupero modesto rispetto ai danni subiti nel recente passato: quote di mercato perdute e almeno 56 mila posti di lavoro bruciati, anche per la delocalizzazione degli stabilimenti. Il 2005, per giunta, si è aperto con l'incognita della liberalizzazione degli scambi internazionali e lo spettro della concorrenza cinese torna a pesare come un macigno.
Segnali positivi, ma non sufficienti per tranquillizzare il settore, che pretende dal governo un impegno coerente con la politica di difesa del Made in Italy attuata nelle ultime Finanziarie, sebbene con pochi soldi. La campagna informativa contro i falsi, il comitato per la lotta alla contraffazione, il rafforzamento delle dogane, l'assistenza legale alle imprese, sono rimaste sulla carta. L'etichetta di origine italiana ha avuto poca fortuna (facendo litigare il ministro delle Attività produttive con il suo vice) e la trattativa per l'etichetta europea è in salita. E le imprese continuano a soffrire.
Estratto da Corriere della Sera del 21/02/05 a cura di Pambianconews