La ripresa si fa attendere, e la paura viene da Oriente: la situazione e le previsioni per il tessile e le calzature made in Italy hanno in comune sia il segno negativo dell'export che un problema con la concorrenza cinese. Ma i due settori hanno gli stessi punti di forza nella creatività e nella qualità dei prodotti, testimoniati dalla ripresa della fascia del lusso. E chiedono le stesse cose a Bruxelles.
Con oltre 7mila aziende e 103mila impiegati, secondo gli ultimi dati forniti dall'Associazione nazionale calzaturifici italiani (Anci), il settore della scarpa ha registrato nei primi sei mesi del 2004 un calo dell'1,5% nelle esportazioni (scese a 3 miliardi di euro), mentre le importazioni sono cresciute dello (1,4% (a 1,26 miliardi di euro). «Speriamo di riprendere le vecchie tendenze di crescita, dice Rossano Soldini, presidente dell'Anci, ma al momento è difficile che ciò accada, se a livello europeo non vengono velocemente applicate misure antidumping». La strategia vincente, secondo Soldini, è «puntare su qualità e innovazione, perché su questo siamo sempre i primi nel mondo».
Non molto diversa la situazione del tessile-abbigliamento. «Nel terzo trimestre 2004 non si è ancora manifestata l'attesa ripresa della raccolta di ordini, osserva Paolo Zegna, presidente di Sistema moda Italia (Smi). Le aziende che sembrano essersi difese meglio lo hanno fatto non tanto sugli aumenti del fatturato, quanto prestando spasmodica attenzione ai costi o riducendo i margini».
Estratto da Il Sole 24 Ore – Dossier Made in Italy del 16/11/04 a cura di Pambianconews