Un mercato su cui incombe, per dirla con le parole del viceministro alle attività produttive Adolfo Urso, la minaccia di “un'invasione anomala” di prodotti a basso costo provenienti dall'Estremo oriente, Cina in primis. Senza dimenticare il valore dei brand, del made in Italy sinonimo di “qualità che vuol dire soprattutto rapidità nel capire e anticipare la concorrenza”, come ha sottolineato ieri l'amministratore delegato di Banca Intesa, Corrado Passera, introducendo i lavori del convegno “La moda a una svolta”, promosso a Milano dall'istituto di credito e da Pambianco Strategie di Impresa.
Intanto, secondo lo scenario tracciato da Gregorio De Felice, chief economist di Banca Intesa, la moda comincia a intravedere i primi spiragli di luce. “Dopo un triennio di calo dei livelli di attività”, ha spiegato De Felice, “il settore dovrebbe riuscire a chiudere il 2004 limitando le perdite (-0,3%). Un'indagine condotta da Pambianco dimostra, infatti, come 194 imprese del settore (circa il 40% del totale) siano guidate da persone di età superiore ai 60 anni. “Per competere con successo nei mercati mondiali”, ha ribadito il presidente della società, Carlo Pambianco, “è opportuno ripensare il modello familiare in termini di dimensioni, uomini e capitali. Il problema è reso ancora più urgente se si considera l'età media degli imprenditori italiani della moda”.
A chi andrà lo scettro di Re Giorgio? Chi non pensa alla borsa è, invece, il re degli stilisti italiani, Giorgio Armani. In un'intervista rilasciata in occasione del convegno alla giornalista del Tg2 Mariella Milani, Armani ha detto di escludere l'approdo in borsa “non avendo l'azienda bisogno di denaro”. La quotazione, ha aggiunto Re Giorgio, rassicurerebbe “il mercato sulla continuità dell'azienda, ma non risolverebbe il problema del dopo. Non vorrei inoltre mettere la mia famiglia in condizione di occuparsi di un peso così gravoso come il gruppo Armani. Si può pensare, invece, alla cessione dell'azienda a un grande gruppo, penso a qualcuno che si prenda in carico la società con l'intero suo management, perché la squadra non si cambia, e questa è una condizione che porrei”.
Estratto da ItaliaOggi del 10/11/04 a cura di Pambianconews