«A medio-lungo termine le aziende di abbigliamento non saranno più in grado di continuare a produrre in Italia. E non per un problema di costi, ma per mancanza di manodopera». Franco Pené, presidente e amministratore delegato della Gibò (e socio con il 16%), non ha dubbi sul fatto che la mancanza di ricambio generazionale tra le maestranze del settore condannerà l'industria italiana a produrre altrove. «La delocalizzazione, spiega, non sarà più una scelta imprenditoriale ma una necessità».
Dottor Pené, cosa è cambiato in questi ultimi anni?
Fino a qualche tempo fa la variabile produzione non era considerata strategica. Ora, invece, penso che da qui a cinque anni chi riuscirà ancora a presidiare un'attività produttiva di eccellenza avrà una posizione di grande forza. Perché saranno rimasti in pochi.
Gli imprenditori italiani si concentreranno nella fascia del lusso?
I numeri non si possono fare solo sulla fascia più alta: il lusso ha un tetto all'espansione. Penso che a lungo termine il mercato mondiale sia destinato a spaccarsi in due parti: l'alto di gamma e il mass market. Chi sta in mezzo sarà costretto a prendersi molte botte in testa. Ma chi per anni ha costruito un caso di successo fa fatica a sterzare: spesso quando scopri che il tuo modello non è più vincente è già troppo tardi.
La distribuzione sarà una delle chiavi per conquistare i mercati?
Per diverso tempo si è pensato che l'integrazione verticale tra produzione e distribuzione fosse l'unica via da percorrere: oggi si è capito che non è l'unica perché è poco elastica. Però guardando la struttura dei costi delle aziende si vede che è un modello che funziona: consente di avere margini più alti o di essere più concorrenziali con una politica di prezzi più bassi. Come dimostrano anche i casi Zara e H&M, che operano solo con distribuzione diretta.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 5/11/04 a cura di Pambianconews