Miuccia Prada sbarca a Pechino con la sua Fondazione e in quest'intervista a Corriere Magazine parla dei suoi futuri progetti.
Parliamo degli epicentri. Ce ne sono a New York, Tokyo, Los Angeles…
«II prossimo a Shanghai. Non volevo negozi solo al servizio della mercanzia. L'architetto Rem Koolhaas e i suoi trenta ragazzi hanno analizzato l'azienda per tre mesi, ci hanno radiografati, hanno studiato come essere di massa rimanendo di élite: è nato il primo epicentro, a New York. Uno spazio quasi vuoto che si trasforma in un cinema-teatro. Di giorno compri la giacchettina in mezzo a video che passano una mole enorme d'informazione tirata fuori da Internet, l'andamento delle Borse, politica, scienza… il mondo in diretta. Di sera attività vere: teatro, cinema, gratis».
Dopo le sfilate mette fuori solo la testa per pochi secondi, non è mondana, non gira con la corte.. Che stilista è?
«Ho cominciato il mio lavoro molto contro voglia, almeno ho cercato di evitare i cliché degli stilisti che mi stavano antipatici. Non drappeggio le cose sulle modelle, anzi non le tocco proprio. Non faccio la passerella».
Lei disegna i vestiti?
«No, non so disegnare. Però so esattamente quello che voglio, e sto lì con i miei assistenti, e credo di essere noiosissima. A me piacciono gli oggetti, sono felice quando riesco a usare le stoffe che voglio, le stampe che voglio, le lavorazioni che voglio. L'immagine della donna col mio vestito addosso è la parte del lavoro che mi piace meno».
Terra-terra: che prezzo ha tutto questo?
«Costa. Le mostre fatte bene costano. I mega negozi costano».
Ricorda il primo giorno in azienda?
«In negozio, allora era un negozio non un'azienda. Per guadagnare qualcosa andavo a fare acquisti in giro. Però ero incerta, facevo politica, facevo teatro…» .
Estratto da Corrire Magazine del 14/10/04 a cura di Pambianconews