Il quadro generale del 2003
Il settore tessile-abbigliamento italiano ha archiviato il 2003 con una flessione nelle vendite del 6%, stretto fra un contributo negativo del commercio estero e una domanda interna in calo per il terzo anno consecutivo.
Negli ultimi due anni il comparto ha visto ridursi di oltre 4,6 miliardi il proprio fatturato (che è infatti sceso dai quasi 47,8 miliardi del 2001 ai 43,1 miliardi dello scorso anno) e di oltre 2,7 miliardi il proprio attivo commerciale.
Fra i diversi comparti della filiera, i cedimenti più consistenti hanno continuato ad interessare, lo scorso anno, l'industria tessile-laniera (-10,4%), ma anche le altre componenti "a monte" della filiera (industria serica ed industria cotoniera) hanno evidenziato cali di attività dell'ordine del 7%. Le spinte ribassiste già molto evidenti dal 2002 nelle fasi intermedie, si sono scaricate "a valle", con una forte intensità, nei settori produttori di beni di consumo finale. La flessione produttiva evidenziata nel comparto abbigliamento-maglieria-calzetteria ha infatti sfiorato il 5%.
Ciò nonostante, il sistema moda ha continuato a garantire all'industria italiana il 10,1% del valore aggiunto complessivo e ha rappresentato ancora il 43,3% dell'attivo commerciale totale (al netto dei prodotti energetici) del comparto manifatturiero. Lo scorso anno, le esportazioni di prodotti tessili e di abbigliamento Made in Italy hanno accusato una flessione prossima al 6% scendendo verso la soglia dei 26 miliardi.
Sui mercati europei – che hanno continuato ad assorbire oltre la metà delle vendite estere complessive – si sono fatti sentire gli effetti della bassa crescita complessiva dell'economia, che si è tradotta in una flessione dell'ordine dell'1% nei consumi finali di abbigliamento.
In alcuni paesi (Francia e, soprattutto, Germania) si è inoltre assistito a sensibili riduzioni nei prezzi finali dei prodotti di vestiario a causa di ulteriori forti incrementi nelle importazioni da paesi a basso costo del lavoro e dalla Cina in primis. Il rafforzamento dell'euro nei confronti delle divise dei paesi asiatici (le cui valute sono legate al dollaro) ha infatti concesso ulteriori ampi margini di manovra ai produttori emergenti per azioni al ribasso sui listini, mentre la
gamma d'offerta dei nuovi competitor non è più posizionata solo sul segmento basic.
Per la prima volta in anni recenti, il sistema moda italiano non è riuscito ad incrementare ulteriormente il peso relativo del fatturato estero sul totale, che si è comunque confermato su percentuali (61%) fra le più elevate nel panorama manifatturiero.
Sul fronte delle importazioni, nonostante la stagnazione del mercato interno, si è assistito ad una sostanziale stabilizzazione dei flussi in valore (-0,5%) che hanno soddisfatto quasi il 46% della domanda interna. In questo contesto, tuttavia, le importazioni provenienti dalla Cina hanno continuato a svilupparsi a ritmi elevati (+20%), sottraendo quote ad altri tradizionali fornitori del nostro paese. Sul mercato italiano si è assistito alla terza flessione (-1,6%) consecutiva nei consumi di abbigliamento a prezzi costanti. Per ritrovare un periodo recessivo altrettanto lungo occorre guardare ai primi anni '90. Lo scorso anno, si è infatti caratterizzato per l'assenza di rilevanti effetti positivi settoriali nonostante un miglioramento di alcune determinanti generali della
spesa per consumi. Infatti, né l'incremento delle retribuzioni lorde reali, né il miglioramento degli indicatori relativi al mercato del lavoro, né gli effetti ricchezza positivi indotti dal recupero dei corsi azionari, hanno avuto un impatto significativo sulle decisioni di acquisto delle famiglie italiane per prodotti di abbigliamento.
Le previsioni
Le informazioni disponibili sui primi mesi di quest'anno non hanno fornito indicazioni di inversione di tendenza, anche se sembra ormai evidente che la fase più acuta della crisi sia stata superata. Le indagini congiunturali segnalano infatti, sia per il fatturato che per l'attività produttiva settoriale nel primo trimestre 2004, un recupero verso livelli di sostanziale stabilità.
Per quanto riguarda i consumi finali italiani, la stagione dei saldi invernali si è chiusa, in Italia, con nuovi cedimenti (-1,5% la variazione tendenziale della spesa a prezzi costanti per i prodotti tessili-abbigliamento). Le indicazioni preliminari sull'inizio della stagione estiva, nonostante le basse temperature ed il maltempo non abbiano certo favorito né lo shopping né l'acquisto dei capi leggeri, sono invece leggermente più positive: nel bimestre marzo-aprile,
infatti, si è assistito ad una stabilizzazione dei quantitativi acquistati (+0,1% è infatti la variazione registrata nei consumi a prezzi costanti) e a incrementi dell'ordine del 2% nella spesa complessiva.
Questa dinamica è coerente con le ultime previsioni di Ac Nielsen che sottolineano la possibilità di un lento ma progressivo recupero da ascriversi sia all'atteso miglioramento del quadro macroeconomico interno, sia a qualche modifica dell'atteggiamento del consumatore verso i prodotti moda, sia, infine, ai massicci sforzi dell'offerta per rivitalizzare il mercato. A consuntivo del 2004 si attendono incrementi di spesa dell'ordine del 2,5% (+0,5% per le quantità), mentre l'anno successivo si dovrebbero ritrovare tassi di crescita della spesa
corrente (dell'ordine del 3%) più in linea con il periodo pre-crisi. I primi dati di commercio estero disponibili sul 2004, evidenziano, nel trimestre gennaio-marzo, una flessione complessiva tendenziale delle esportazioni ancora del 6% per i prodotti tessili-abbigliamento nel loro insieme. Per quel che riguarda la situazione nei diversi paesi, il mercato tedesco mostra ancora cedimenti consistenti (-6,8%), anche se meno vistosi di quelli che hanno caratterizzato il biennio 2002-2003. Le esportazioni dirette in Francia si sono sostanzialmente stabilizzate sui livelli del corrispondente periodo del 2003, mentre la Spagna
si conferma il mercato UE più dinamico (+7,4%). Oltre al paese iberico, gli unici due mercati (almeno fra i venti maggiori clienti della moda made in Italy) a mostrarsi in crescita sono risultati quello russo (+10,2%) e la Grecia (+7,3%). Le vendite extra europee del primo trimestre hanno risentito fortemente del rafforzamento dell'euro che ha determinato cedimenti dell'ordine del 15% nei flussi diretti negli Stati Uniti e del 9,5% per le esportazioni in Giappone. I dati relativi al solo mese di marzo mostrano qualche segnale più positivo (+2,1%
l'incremento dell'export misurato rispetto al corrispondente mese del 2003), ma, complessivamente, le informazioni attualmente disponibili e il sentimento prevalente fra gli operatori configurano il 2004 come un anno di transizione. Sarà probabilmente il 2005 l'anno in cui il sistema moda italiano verificherà le proprie capacità di cogliere i benefici connessi a un contesto di domanda che ci si attende, finalmente, più favorevole.