Alla fine dei favolosi '80 stupiva il mondo facendosi fotografare nella vasca da bagno di casa sua, coperto solo da centinaia di Swatch che galleggiavano sull'acqua. Oggi, negli anni delle difficoltà e dei conflitti, cavalca lo spirito dei tempi in gessato di seta nero, camicia bianca, all'occhiello della giacca le decorazioni militari che il nonno materno si guadagnò sul fronte della Grande Guerra. «Omaggio alla memoria di una persona che mi ha trasmesso lealtà e senso del dovere», dice Franco Bosisio. Sdrammatizzando subito dopo con un «ma per me sono anche un portafortuna». Dalla primavera 2002, Bosisio, laurea in Economia e commercio alla Bocconi, è alla Sector Group Spa, leader in Italia nel settore degli orologi sportivi e griffati. Entrato come art director , un anno dopo era nel consiglio d'amministrazione e alla fine dello scorso anno ha assunto anche la carica di marketing vice president del gruppo.
«Il mercato è molto cambiato, afferma. Dopo vent'anni di consumismo sfrenato, la corsa è rallentata. L'Italia è il Paese col maggior numero di orologi per persona. E non lo butti via come un abito vecchio. Anche se ormai ha perso la sua funzionalità, non serve più per leggere l'ora che è dappertutto, dal forno a microonde al telefonino, allo schermo del computer e della tv. L'orologio è sempre più un elemento decorativo. Come un gioiello. Quello che manca è la creatività. La crisi genera il “marketing della paura” che fa produrre “le cose che vanno”. Ma con il blazer blu non si vince. Devi sorprendere con l'originalità, dare l'impensabile. E comunque, se l'Occidente decelera, si aprono mercati come Russia e Cina, pieni di potenzialità e di desideri. Vado in Cina ogni due mesi e vedo una crescita straordinaria. Esplosiva».
Il vero lusso moderno, per Bosisio, è il lusso abbordabile, quello che non è selettivo per denaro ma per gusto. «Avere davanti mille oggetti che costano poco e scegliere quello giusto è molto più difficile che prendere quello che costa di più. Dimostra individualità, capacità di scelta, la sicurezza di un gusto personale». Ci si può credere, se lo dice un uomo che, in trent'anni di carriera, ha mosso qualche centinaia di milioni di consumatori. E che, giura, non ha mai messo sul mercato una cosa che lui non porterebbe. «Sono malato di estetica, il bello viene prima della comodità. E sono anche un maniaco del dettaglio. La cura dei particolari si deve applicare anche a un oggetto che costa poco. È questo, dice, che fa la differenza».
Estratto da Corriere della Sera del 28/05/04 a cura di Pambianconews