Il look romantico e vagamente rétro conquista New York. Il mercato americano da qualche anno sta dando grandi soddisfazioni a Gianpaolo Tarabini e a ad Anna Molinari uniti nella vita e nel business dal 1977 sotto il marchio Blumarine. La coppia simbolo di Carpi ha visto crescere negli ultimi due anni le vendite negli Usa del 50%, e sembra che chi commercializza il marchio non riesca a stare dietro alle richieste. Il fatturato complessivo del marchio tra il %u201892 e il %u201893 è passato da 79 a 85 milioni più 35 milioni derivanti dalle licenze, delle quali ne sono appena state firmate due nuove, per occhiali e arredamento della tavola. Il grande magazzino Saks Fifth Avenue di Manhattan dedica intere vetrine ai sofisticati look di Molinari. Neiman Marcus esaurisce le collezioni appena arrivano, e i dettaglianti fanno a gara per averne la distribuzione.
«Siamo entrati nel mercato Usa quattro anni fa, spiega nel suo ufficio circondato da pelli di tigre, zanne d'elefante e centinaia di foto il Presidente della società Gianpaolo Tarabini, è un mercato molto interessante ma anche molto esigente e noi volevamo presentarci con i giusti mezzi». Ovvero? «Ci siamo organizzati per stare dietro alle richieste di consegna che in America sono molto pressanti. Loro chiedono continui riassortimenti, cosa che prima non riuscivamo a garantire». «Vogliamo che chi ci vende, spiega la forza vendite in America, abbia ben chiaro in mente che cos'è il mondo Blumarine, e sia in grado di trasmettere la nostra filosofia alle clienti».
Intenzioni di aprire monomarca per il momento non ce ne sono: «Se dovesse succedere sarebbe a Beverly Hills», spiega Tarabini che sui negozi, in tutto il mondo 32, ha una filosofia ben precisa: «Pochi e nei punti giusti. In Cina ad esempio ne abbiamo due, ma è solo un'operazione d'immagine. In Russia stiamo per aprire. Ma è sempre un forte rischio con alti costi. E' chiaro che se apro tanti negozi il fatturato aumenta a dismisura. Ma poi bisogna vedere l'utile, che alla fine è quello che conta». E la crisi dei consumi si è fatta sentire? «Secondo me non c'è una vera e propria crisi. Il problema è che le grandi marche vogliono fare del prêt à porter di lusso così come fanno le catene cheap, e poi venderlo a prezzi esorbitanti a scapito della qualità».
Estratto da Affari & Finanza del 10/05/04 a cura di Pambianconews