Per passione il dottor Liu scrive poesie, dipinge tele a olio. Ma adesso, nel suo ufficio in cima al grattacielo, butta giù un disegnino: 500 ville per i nuovi ricchi di Pechino e Shanghai, in Italia. Vuole costruirle lui, magari nei dintorni di Fiumicino: investimento complessivo, 300 milioni di dollari. Progetto: chi comprerà la casa potrà passare almeno due mesi all'anno in Italia, per vacanze o affari. «Se si risolverà il problema dei visti, naturalmente. Ma sono pronto a qualsiasi altra iniziativa, purché noi e voi possiamo lavorare insieme: per esempio portare subito in Cina, nelle aree tax-free, i migliori prodotti italiani, dai profumi di alta classe agli utensili della vita quotidiana. Speriamo di trovare degli interlocutori attenti». Oggi Liu Xiaoguang, va e viene fra la Cina, New York, Londra, Davos, dove siede nel Forum mondiale dell'economia. Poiché presiede e amministra una compagnia, la Beijing Capital Group, che ogni anno porta a casa profitti netti intorno agli 80 milioni di euro, lo si potrebbe definire un capitalista Doc.
«Il mio obiettivo non è di essere soltanto un uomo d'affari, né mi sembra particolarmente importante definirmi pubblico o privato: ma questa azienda ha aumentato i suoi profitti di oltre 40 volte, e di 122 se parliamo soltanto delle proprietà immobiliari. Ha dimostrato che anche con una compagnia statale si possono raggiungere i risultati massimi. E a me, personalmente, ha consentito di esaudire finora i miei progetti. Che oggi si riassumono soprattutto in una parola: internazionalizzazione». L'ultimo progetto è appunto l'Italia. Liu ci verrà a maggio con il primo ministro Wen Jiabao e con un centinaio di compatrioti imprenditori: un pugno di quei 150 milioni di cinesi che insieme hanno già una capacità di spesa pari a quella di tutti i cittadini d'Europa (e si parla dell'Europa già allargata a 25 membri). Per ora, il programma prevede soltanto convegni e incontri di rito. Ma potrebbe essere comunque un primo passo per risolvere equivoci e diffidenze reciproche: solo pochi mesi fa, Roma ventilava l'imposizione dei dazi per parare la concorrenza dei prodotti cinesi.
Estratto da Corriere della Sera del 24/03/04 a cura di Pambianconews