Primavera di fuoco in casa Versace. Non solo per le collezioni tutte borchie spille e fibbie mandate in passerella da Donatella qualche settimana fa, ma soprattutto perché nei prossimi tre mesi la maison milanese si gioca il suo futuro. La partita è iniziata quasi sette anni fa, con l'omicidio di Gianni Versace a Miami. Da allora, se possibile, le cose nel tempo si sono un po' complicate. Non solo per un assetto societario ancora un po' fluido (il 50 per cento delle azioni è in mano alla 17enne Allegra Beck, figlia di Donatella, maggiorenne dal prossimo giugno) ma soprattutto perché Sars, guerre del Golfo, recessione e qualche scelta industriale non proprio azzeccata hanno reso decisamente più accidentato il percorso della metamorfosi. Con il risultato che oggi i nodi da sciogliere sono più di uno: c'è quello strettamente finanziario, con il bond da 100 milioni di euro da rimborsare e un bilancio in forma non proprio smagliante; c'è quello operativo-industriale, con un piano di rilancio promesso da mesi ma per ora ancora avvolto nella nebbia; e, dulcis in fundo, c'è il nodo dell'azionariato. Destinato nei prossimi mesi a un deciso rimescolamento di carte.
è forse il fronte più complesso e urgente per casa Versace. Non solo per i guai di bilancio (il 2002 si è chiuso in rosso per 5 milioni di euro e il 2003 non dovrebbe essere andato molto meglio) ma soprattutto per l'obbligo di ripagare a luglio 100 milioni di obbligazioni in scadenza senza che al momento in casa ci siano i soldi. I conti del 2002 erano stati salvati da un intervento in extremis di Leonardo Del Vecchio che aveva versato nelle casse esauste di Versace 25 milioni per la licenza esclusiva nell'occhialeria. Un intervento contestato nella relazione dei sindaci per la sua contabilizzazione ma provvidenziale, visto che ha consentito di evitare la rottura di alcuni obblighi contrattuali del bond (in particolare la necessità di presentare un utile operativo almeno doppio rispetto agli oneri finanziari) e di dover così rimborsare anzitempo il prestito. Il problema però è stato solo rinviato. I vertici di Versace, non a caso, sono impegnati in trattative avanzate con un pool di banche per aprire entro fine aprile una nuova linea di finanziamento con cui chiudere la partita del bond e concentrarsi sul rilancio industriale.
Per finanziare la crescita, però, come ha ammesso nei giorni scorsi Santo Versace, sarà necessario aprire il capitale della maison a nuovi soci. Facile a dirsi ma difficile a farsi. L'equilibrio, come spesso capita nelle aziende familiari, è già di per sé molto delicato. Santo ha assicurato che tra lui e la sorella c'è «assoluta sintonia». Donatella però negli ultimi consigli di amministrazione, forse per un eccesso di prudenza, si è fatta accompagnare da un avvocato americano. Difficile dire cosa vorrà fare delle sue azioni e dell'azienda sua figlia Allegra quando da giugno sarà titolare del 50%. è giovane e, a prima vista, appassionata più di cinema che di abiti. Di sicuro però c'è che Versace, nelle condizioni attuali, è in sostanza costretta ad aprire il suo capitale a nuovi azionisti. L'altra incognita sono le due mine vaganti della moda internazionale, Domenico De Sole e Tom Ford (Dom & Tom il loro nome d'arte) usciti con una vagonata di milioni dall'avventura di Gucci e pronti a replicare in proprio lo straordinario fenomeno di business creato con il risanamento della doppia G. De Sole, del tutto informalmente, ha già avviato contatti con i Versace. Per ora qualche chiacchierata senza impegno. Ma forse proprio da loro, che hanno reinventato la Gucci senza i Gucci, potrebbe partire davvero la storia di Versace senza Gianni Versace.
Estratto da Affari & Finanza del 22/03/04 a cura di Pambianconews