Sperare in una ripresa forse è prematuro, l'importante è non perdere ancora terreno. Dopo un altro anno negativo (-3,7%), per la produzione di abbigliamento femminile (sia in tessuto che maglieria) sembra profilarsi «un'attenuazione delle pressioni ribassiste». L'indagine congiunturale messa a punto in questi giorni dal Centro studi di Sistema moda Italia (l'associazione che raggruppa tutte le principali aziende della filiera del tessile-abbigliamento) usa parole caute, ma la sostanza non sembra lasciare dubbi: se va bene, quest'anno al massimo non ci sarà un'altra retromarcia.
Secondo l'indagine Smi, i dati preliminari relativi al primo trimestre 2004 mettono in luce una sostanziale stabilizzazione della produzione e del fatturato nell'abbigliamento femminile, con cedimenti limitati al 2% nella maglieria. Dalle prime indicazioni, infatti, legate alla campagna ordini per l'autunno-inverno 2004-2005 emergono prospettive di recupero sui mercati esteri, comunque frenate dal rafforzamento dell'euro, ma si conferma una situazione stagnante sul mercato interno. Più in generale, in tutto il settore del tessile e abbigliamento, il valore riconosciuto al made in Italy dai buyer di tutto il mondo (qualità assoluta, contenuto moda, velocità di consegna ecc.) è messo a dura prova dal nuovo scenario dei cambi. Mentre sul mercato interno le produzioni provenienti dai Paesi extra-Ue (e in particolare dalla Cina) diventano ancora più convenienti. Questo dopo che il crollo dell'attività nell'ultimo biennio (-11,3%) non trova riscontri nella storia recente del tessile-abbigliamento.
Tornando all'abbigliamento donna, nel 2003 le esportazioni sono calate del 6,3% mentre l'import è aumentato del 3,8% con consumi fermi a +1,3%. Sui mercati esteri, flessioni di vendita ancora più consistenti sono state evitate solo grazie a forti sacrifici nei margini. Mentre l'import dalla Cina hanno continuato a crescere a ritmi vertiginosi (sono quasi raddoppiati i quantitativi di prodotti in tessuto) e l'attivo commerciale atteso per il 2003 (3,24 miliardi) dovrebbe mostrare una flessione di quasi 510 milioni rispetto al 2002.
Vedi tabella che segue
Estratto da Il Sole 24 Ore del 24/02/04 a cura di Pambianconews