Porta a porta nel dibattito sul crac della Parmalat, come nel consiglio di amministrazione della Lvmh, «dove pure c'è un grande senso di amicizia per l'Italia», Diego Della Valle continua a ripetere che bisogna avere fiducia perché i casi Tanzi e Cragnotti rappresentano l'eccezione, e l'industria italiana non può essere confusa con queste patologie. Ma nemmeno nega che l'immagine dell'Italia risulti appannata e che ci sia la necessità di avviare, con energia e buon senso, nuove strategie. Così, dopo aver letto sul Corriere Economia della scorsa settimana l'inchiesta sul sistema moda («Partono le sfilate. Tutti contro tutti») torna a ribadire che, per affrontare la competitività globale, è necessario un intreccio inedito di alleanze.
«Per questo ho lanciato l'ipotesi di Altagamma, un'associazione che restituisce al made in Italy il suo concetto di qualità, eccellenza applicato a ogni prodotto, non soltanto alla moda o al design. Con le sue trasversalità rappresenta il meglio del nostro stile e può essere un ambasciatore eloquente. Detto questo, bisogna vedere se ha la struttura in grado di farlo, ma io credo che potrebbe tutelare bene anche le piccole e medie imprese fornendo loro analisi e sostegno. Non posso certo pensare che tutti riescano ad affrontare una trattativa di sei mesi in Cina per firmare un contratto».
Troppe spese, troppo tempo? «Non c'è dubbio, e sarebbe anche bello se qualcuno fornisse un aiuto per affrontare il problema. Anche se poi vorrei vedere etichette ben chiare, giusto per mantenere al marchio made in Italy tutto il suo valore. Mentre noto che certi imprenditori furbastri tendono ad annacquarlo con il made in Ue. Così, che si produca a Timisoara o a Firenze, diventa tutto uguale. Mi ricorda certi frequentatori di case d'appuntamento che poi escono con il bavero alzato».
Estratto da CorrierEconomia del 23/02/04 a cura di Pambianconews