Il settore del tessile-abbigliamento francese è da anni in profonda crisi. Il suo fatturato è in costante calo (a 25,8 miliardi di euro) e così gli addetti: erano 200mila lo scorso anno, 15 mila in meno rispetto al 2002. Le cause: costi di produzione troppo elevati rispetto ai Paesi in via di sviluppo e difficoltà nelle esportazioni per via dell'euro che si è apprezzato in maniera troppo elevata e rapida. Le ristrutturazioni aziendali e i fallimenti sono così all'ordine del giorno.
La novità, rispetto al recente passato è che il Governo ha varato il programma di sostegno R2ith (Reseau industriel d'innovation ent textile et habillement) per la creazione di distretti industriali-regionali specializzati nel tessile e il fatto che alcuni gruppi, ad esempio Chargeurs con la filiale Proline textile, si sono lanciati con successo nell'innovazione tecnologica di prodotto. Al di là di ogni altra considerazione, il basso costo della manodopera nei Pvs e il fatto che lo Yuan (legato al dollaro) si sia fortemente deprezzato rispetto all'euro, ha fatto si che le importazioni di prodotti tessili cinesi in Francia siano aumentate al 15% del totale.
Per quanto riguarda il settore più propriamente del lusso e in particolare quello legato alla moda (che genera il 30% del suo fatturato in Usa), i prodotti francesi tengono bene, sostenuti da un'elevata qualità e marchi molto forti. Ciò detto il settore ha sofferto non poco dell'apprezzamento dell'euro, tanto che tutti i comunicati stampa relativi ai conti 2003 iniziano con la frase: «Tenuto conto dell'apprezzamento dell'euro rispetto al dollaro…» e si spiega che l'effetto-cambio ha inciso negativamente (per un 5-7%) sull'aumento del giro d'affari complessiva, e ovviamente anche sui margini.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 20/02/04 s cura di Pambianconews