Non si parli di dazi. Ma di difesa necessaria da un'aggressione cinese che minaccia il sistema Paese a livello macroeconomico. Dall'Ali, associazioni degli industriali di Legnano, parte di un comprensorio che conta 1.800 imprese attive nel tessile abbigliamento, si levano voci allarmate di fronte all'inerzia che vede il tessuto produttivo italiano e i 900 mila posti di lavoro del settore in serio pericolo dal primo gennaio 2005, data in cui cadranno le quote all'importazione nella Ue. «Questo significa un'invasione di prodotti cinesi senza precedenti. Capace di affondare l'intero sistema in pochissimo tempo: con l'attuale situazione congiunturale, una spallata del genere produce i suoi effetti anche in pochi mesi. Già l'anno scorso, con le quote in vigore, l'import dalla Cina è cresciuto del 55%».
A parlare è Alfredo Codecasa della Tintostamperia Mottana: «La Cina non è un Paese in via di sviluppo e un fatto lo dimostra: dal gennaio 2003 chi esporta prodotti tessili in Cina deve conformarsi a un capitolato, che prevede requisiti tecnici e tossicologici precisi. In pratica, una barriera doganale poiché, se le partite di merce vengono fermate, accertare la loro conformità a tali requisiti è impossibile in tempi brevi. I cinesi, oltre al know how tessile acquisito dalle nostre industrie, che li rende eccellenti in tutti i segmenti della filiera, sono commercianti abilissimi».
Secondo Codecasa e altri importanti operatori del Milanese, come Giovanni Vegezzi della Manifattura Legnano e Donata Colombo della Tintoria Finissaggio Ticino, questa è l'unica arma attuabile per dare alle imprese il tempo di reagire. «Ci troviamo in uno stato di emergenza. Si esortano le aziende, anche in sede Ue, a fare formazione, ricerca, a riconvertirsi per essere competitive. Ma sono cose che danno esito a medio, lungo termine. Nel frattempo, dobbiamo pur tutelarci».
Estratto da CorrierEconomia del 9/02/04 a cura di Pambianconews