Il gruppo Stefanel muove alla conquista del mercato asiatico partendo da Hong Kong, dove ha inaugurato in questi giorni il primo corner monomarca nell'aeroporto internazionale. Una scelta logistica che non è casuale. Nel 2002 il Gruppo di Ponte di Piave, con un'operazione da 270 milioni di euro, ha acquisito il 50 per cento di Nuance, il primo operatore del mondo nel retail aeroportuale (con un giro d'affari di 1250 milioni di euro). «Un'operazione, racconta il presidente Giuseppe Stefanel, che ci ha dato un doppio vantaggio: da un lato diversificare il business. Tanto che oggi all'interno del fatturato consolidato la quota dell'abbigliamento è scesa al 30 per cento. E dall'altro la possibilità di sfruttare le sinergie possibili sul fronte della distribuzione al dettaglio negli aeroporti di tutto il mondo. Una rete potente: davanti ai negozi Nuance passano in media ogni anno 600 milioni di potenziali clienti».
Dunque, a un anno e mezzo dall'acquisizione di Nuance il bilancio è positivo?
«Sì. Certo nessuno poteva prevedere l'epidemia di Sars e la paura di attacchi terroristici che hanno prodotto effetti negativi sui risultati della passata stagione, ma dopo il ritorno alla normalità stiamo proseguendo con i piani di sviluppo: proprio ad Hong Kong attraverso la partnership Nuance, Watson ci siamo aggiudicati concessioni grazie alle quali apriremo nuovi altri punti vendita fino a un totale di 33 negozi, tra elettronica di consumo, profumi e cosmetici, e merchandising, che prevediamo producano un fatturato di 750 milioni di euro nei prossimi cinque anni».
L'interesse verso il mercato cinese non è recente. Il gruppo Stefanel già negli anni Ottanta ha iniziato a guardare all'Impero celeste come mercato di sbocco…
«Fu una prima esperienza interessante ma i tempi non erano maturi: cominciammo con due negozi monomarca a Pechino e successivamente a Shanghai tra il 1991 e il #92. Nel #96 cambiammo rotta e aprimmo, grazie a un accordo con un partner locale prestigioso, Joyce Ma, altri cinque punti vendita Stefanel a Hong Kong. Ma le difficoltà dell'economia a fine anni Novanta ci convinse a fare tesoro dell'esperienza maturata per metterla a frutto in un momento più favorevole. Quel momento è arrivato. E dopo la recente inaugurazione del corner di Hong Kong apriremo altri punti vendita nei centri delle principali città. Questo perché la Cina, per il nostro gruppo, non rappresenta una minaccia, ma un mercato con grandi potenzialità: chiudersi sarebbe non solo inutile, ma dannoso. Il protezionismo finisce con l'isolare il Paese che lo applica pregiudicandone la competitività. La sola risposta possibile è sfruttare i vantaggi che possono derivare dall'apertura di un mercato come quello cinese, delocalizzare quando possibile la produzione mantenendo in Italia le idee. Quindi puntare sulla filosofia del marchio, valorizzando la nostra principale risorsa e il nostro valore aggiunto, la creatività».
Altre novità in vista? Qualcuno ha suggerito che ci sia in vista una quotazione in Borsa per Nuance…
«Non esiste un progetto in tal senso, ma non mi sentirei di escludere un'eventuale ingresso di Nuance al listino di Zurigo».
Estratto da Affari & Finanza del 19/01/04 a cura di Pambianconews