Forti le ricadute del dollaro debole sulla moda italiana. Ogni punto percentuale di svalutazione del biglietto verde è accompagnato mediamente da un calo del saldo commerciale del sistema moda che va dai 150 ai 200 milioni di euro. Lo rende noto la Camera Nazionale della Moda Italiana e con questo dato si possono leggere gran parte delle perdite in valore dell'export a chiusura dell'anno scorso. Sulle stesse note dolenti si è aperto il nuovo anno».
Non è da meno la questione Cina. Basti il dato più recente, relativo al primo semestre del 2003, che vede le importazioni italiane da questo paese aumentate del 14 per cento in valore e del 38 per cento in quantità. E la Cina già nel 2002 copriva da sola il 6,5 per cento del totale dei consumi finali di abbigliamento italiani. A dire la sua, con toni decisamente critici, su come l'Unione Europea si occupi di questi temi è Mario Boselli, presidente della Camera Nazionale della Moda, che tratteggia anche un quadro del sistema».
Presidente il dollaro debole è stato uno dei fattori più penalizzati per la moda italiana nel 2003?
«E' stato peggio di quanto si potesse immaginare. Ci si aspettava il rafforzamento dell'euro, ma quello che ha sorpreso tutti è stata l'entità del fenomeno».
In pratica, l'anno che si è appena concluso è andato peggio del previsto?
«Noi ci aspettavamo di aver subìto il peggio nel secondo trimestre del 2003 che aveva avuto un andamento tragico, con la componente Sars. Invece la negatività si è protratta anche nel terzo trimestre. Gli effetti positivi post guerra in Iraq non ci sono stati e si è aggravato l'effetto dollaro. Comunque l'ultima parte dell'anno è andata meglio. I mercati esteri non stanno andando male: l'America va bene, l'Europa va un po' meno male e il Giappone va abbastanza bene. I nuovi mercati stanno avanzando».
Insomma l'euro non aiuta il made in Italy. Ma l'Europa in qualche modo lo sostiene?
«Certo è che in generale non privilegia il manifatturiero europeo. I paesi nord europei, dove è forte la grande distribuzione organizzata e gli organismi in difesa del consumatore, fanno in modo che si possa importare al costo più basso in assoluto. Per cui a loro va benissimo il dollaro basso e l'euro alto e il dumping della Cina».
Che prospettive si aprono, quindi, per il 2004?
«Se assumiamo che la parità euro dollaro è giunta al massimo e dovrebbe solo calmierarsi, stabilizzandosi intorno all'1,20, che è una delle ipotesi più accreditate, noi possiamo immaginare un primo semestre ancora debole sull'onda del trend della fine dell'anno scorso. Prevedo invece una vera impennata nel secondo semestre, sia per i fondamentali delle aziende e del sistema sia per motivi psicologi. Le manifestazioni della moda in calendario tra gennaio e febbraio sono il primo cruciale test in cui si verificherà se il ciclo congiunturale peggiore degli ultimi dieci anni si sia finalmente concluso».
Estratto da Affari & Finanza del 19/01/04 a cura di Pambianconews