Sono 89mila le imprese e un milione i lavoratori che attualmente operano nei 100 distretti del made in Italy. A tracciarne l'identikit è la prima Guida realizzata dal Club dei distretti e dall'Unioncamere presentata ieri a Roma. Dalla mappa emerge una realtà ancora fortemente ancorata a settori tradizionali quali il tessile e il calzaturiero, i casalinghi o l'agroalimentare che ha nel Nord e in particolare nel Nord Est la sua forza trainante. Non a caso nella categoria dei distretti con fatturato maggiore, oltre i 3 milioni di euro, sono iscritte le realtà di Bologna (motori), Parma-Langhirano (Alimentari-prosciutto), Arezzo e Vicenza (oreficeria), Prato e Biella (tessile), Sassuolo (piastrelle). Questi sette distretti da soli producono oltre 42miliardi di fatturato poco meno di quello complessivo che ammonta a circa 90miliardi. Se ai grandi distretti si sommano i 20 della classe precedente (da 1 a 3 miliardi di fatturato), la percentuale sale all'86 per cento.
Eppure, nonostante i dei dati i distretti, anche quelli più forti, faticano a tenere i ritmi della competizione. Non a caso il presidente di Unioncamere, Carlo Sangalli, lo ha sottolineato, evidenziando che cuna componente importante del patrimonio distrettuale italiano si sta confrontando con difficoltà congiunturali e fatica a sostenere le sfide della globalizzazione». Ecco perchè, secondo Sangalli, la potenzialità dei distretti italiani è condizionata a una trasformazione «in reti lunghe, ancorate al sistema territoriale, ma in grado di operare nei confronti dei mercati locali e globali come nodi di reti mondiali».
Nell'indagine presentata ieri vengono poi individuate quattro tipologie d'impresa presenti nei distretti: le imprese guida, che sono quelle che sanno stare sul mercato autonomamente, hanno sviluppato competenze che consentono di mantenere il vantaggio competitivo e hanno buone capacità di coordinamento; le imprese trainate, ovvero aziende che si muovono negli spazi marginali lasciati liberi dai concorrenti che si limitano a imitare i prodotti lanciati dalle imprese rivali e hanno come obiettivo primario quello di perseguire vantaggi di costo; le imprese specializzate, che hanno una buona capacità rispetto ad una singola fase della produzione e sono strettamente legate alle imprese guida con le quali collaborano per garantirne la competitività; le imprese bloccate, in altri termini le aziende che si limitano ad essere subfornitrici di vari committenti e che quindi sono facilmente sostituibili.
Vedi tabella che segue
Estratto da Il Sole 24 Ore del 16/12/03 a cura di Pambianconews