Pochi grandi gruppi, tante piccole e medie imprese, per la maggior parte a conduzione familiare, ma molto esperte nella gestione dei rapporti commerciali con i mercati internazionali, dinamiche, flessibili e con una forte propensione a investire in ricerca e sviluppo. In compenso sono ancora troppo ‘’individualiste’’. E' questo in pillole, l'identikit del settore calzaturiero made in Italy. «Questa ricerca, dice il presidente dell'Anci, Rossano Soldini, dà uno spaccato della situazione, di quelli che sono i punti di forza e di debolezza delle imprese, i vincoli e le opportunità. Non ci piacciono i facili slogan e i luoghi comuni: per fare, e bene, bisogna sempre conoscere in profondità la materia».
E la ‘’materia’’ è stata presentata nel corso di un convegno sulla competitività della scarpa tricolore, che si è tenuto sabato scorso a Portonovo, nelle Marche (regione dove esiste un distretto calzaturiero molto importante. E, regno delle scarpe firmate Tod's e Hogan, c'erano gli imprenditori del settore, il direttore generale dell'Ice, Ugo Calzoni e, in rappresentanza del governo, il vice ministro dell'economia e delle finanze, Mario Baldassarri. Tutti riuniti per trovare le nuove linee guida e le strategie necessarie a sostenere un settore che da sempre contribuisce a tenere alti i colori del made in Italy nel mondo.
«La nostra storia, sottolinea il presidente dell'Anci, dimostra che il settore è sempre riuscito a far fronte a tutte le difficoltà. Alla concorrenza dei paesi in via di sviluppo, alla recessione, alle crisi vissute di volta in volta dai vari mercati in cui eravamo esportatori. Questo grazie alla capacità delle nostre aziende di essere flessibili, veloci nel cambiare direzione e assecondare i gusti dei consumatori. Continuando a fare innovazione, produzione di qualità e a alto valore aggiunto». Ma questa volta i calzaturieri nostrani dicono chela faccenda è molto più complicata. E hanno il sospetto che da soli non riusciranno a superare le difficoltà. «Intendiamoci, dice ancora Soldini, non chiediamo protezione o protezionismi. Non l'abbiamo mai fatto. Al contrario abbiamo sempre investito risorse nostre per promuovere il settore in Italia e all'estero, senza alcun tipo di sovvenzione pubblica. Quello che chiediamo al governo è solo di essere tutelati. Di poter combattere con la concorrenza a armi pari».
Estratto da Affari & Finanza del 1/12/03 a cura di Pambianconews