Chissà dove andranno a finire Tom Ford e Domenico De Sole, dopo la rottura del proficuo (per tutti) rapporto con Gucci e la controllante Pinault-Printemps-Redoute, nessuno lo sa. Certo, il più clamoroso divorzio del mondo del lusso potrebbe condurre a una rilettura globale delle strategie del settore. L'interrogativo di fondo, a parte chi sostituirà il duo forse più celebre della moda, riguarda gli equilibri tra Italia e Francia, ambedue veri e propri assi pigliatutto nel mercato internazionale dell'alta gamma. Se il nostro Paese è sempre stato leader, da Oltralpe l'offensiva è a tutto campo: dal '98 a oggi i francesi hanno rilevato ben otto aziende italiane al top, tra cui Gucci Group, Fendi, Pucci, Sergio Rossi e Bottega Veneta. E dunque, nello stesso periodo, ha cambiato ‘’bandiera’’ il 10% del fatturato del lusso. Con i francesi al 46% in un mercato da 18 miliardi di curo. Mentre l'Italia, pur sempre leader, è a quota 54 per cento.
I dati, elaborati da Pambianco Strategie di Impresa per «Il Sole-24 Ore» sui bilanci consolidati 2002 (escludendo per Lvmh quasi 8 miliardi di euro per vini e Champagne, duty free shop e profumi-cosmetici), evidenziano senza ombra di dubbio che il match tra i due contendenti è aperto, apertissimo. Di fronte, due ‘’modelli’’ di business completamente differenti. «In Francia. spiega Carlo Pambianco, il settore è fortemente concentrato nelle mani di pochi soggetti: i marchi Louis Vuitton, Gucci con Yves Saint Laurent, Hermès e Chanel rappresentano i tre quarti dei ricavi del lusso. In Italia, invece, i primi cinque marchi, cioè Prada, Armani, Bulgari, Zegna e Ferragamo, coprono il 46% del fatturato totale. Non solo: la gestione dei gruppi francesi, pur se pilotata dai rispettivi patron, come Bernard Arnault per Lvmh e François Pinault per Ppr, è quasi interamente nelle mani dei manager, mentre il sistema italiano è governato essenzialmente dagli imprenditori».
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Estratto da Il Sole 24 Ore del 24/11/03 a cura di Pambianconews