Parole. Solo a parole sono tutti d'accordo con quanto aveva proposto nelle scorse settimane Beppe Modenese, memoria storia della moda italiana, su CorrierEconomia: i più famosi aiutino i giovani stilisti a emergere. Non lo fa quasi nessuno. Lo ha ripetuto anche pochi giorni fa Stefano Gabbana, ricordando i difficili inizi di Dolce & Gabbana: «Se non hai qualcuno dietro non fai niente». Anche se ha invitato i più giovani a resistere: «Bisogna crederci». Ciò che spesso succede nella realtà è condensato nella storia di Nicola Del Verme, designer acclamato da stampa e buyer per il suo talento, passato dai tavoli creativi di MaxMara, Trussardi, Itchys Montecarlo e poi quasi affossato da imprenditori poco competenti quando ha deciso, quattro stagioni fa, di spiccare il volo con la sua linea. Oggi Del Verme ha trovato nella Itoya di Sandro Dal Prà un'azienda disposta a supportarlo e a creare insieme a lui una strategia commerciale all'altezza dei suo progetto stilistico. Ma i due anni trascorsi dal debutto rivelano che è difficile, al di là delle parole, trovare supporter seri.
Lei è stato spronato a disegnare la sua linea e poi lasciato a metà strada, rischiando di non farcela. Perché?
«Perché chi mi ha affiancato non era competente. Mi è stato detto di non preoccuparmi, che io dovevo solo disegnare, che a tutto il resto avrebbe pensato l'azienda partner. Invece, all'insorgere della prima difficoltà, mi hanno scaricato addosso i problemi. Poi, quando mi è giunta voce che in passato si erano comportati allo stesso modo con un altro, mi sono svincolato io. Ma ormai era tardi».
Ha dovuto finanziarsi da solo?
«Sì, mi hanno lasciato i costi vivi della produzione e della distribuzione da affrontare. A quel punto, visto che in molti mi esortavano a non cedere, ho potuto continuare grazie all'aiuto di amici: la mia responsabile comunicazione, Franca Soncini, i titolari di una show-room in via Montenapoleone che hanno accolto il mio marchio. Poi, alcuni finanziamenti bancari. La seconda stagione ho fatturato un miliardo, da solo. Perché in Italia un esordiente non ottiene neanche un metro di tessuto gratis. Non ha le dilazioni di pagamento a due anni che i fornitori possono concedere ai grossi brand».
Poca serietà da parte di chi, soprattutto?
«Da parte degli imprenditori che affiancano il giovane stilista. Del resto, riferendosi all'esordiente, si usa spesso il termine #'scommettere'': come se fosse un salto nel buio. Si tratta invece di credere in un progetto e svilupparlo insieme. lo desidero partecipare al processo decisionale, mi è stato insegnato sin dagli inizi, per prima cosa, ad avere un approccio economico-commerciale, oltre che creativo».
Estratto da CorrierEconomia del 3/11/03 a cura di Pambianconews