Puntare tutto su innovazione, penetrazione nei mercati esteri e integrazione dell'area Euromediterranea, agevolare l'accesso ai finanziamenti delle piccole e medie imprese e lanciare un'etichetta #'made in Ue'' a difesa della «qualità, l'immagine e il valore aggiunto» del tessile e dell'abbigliamento dei Paesi europei. Sono questi i pilastri di una strategia, delineata ieri dal commissario europeo Pascal Lamy (Commercio), congiuntamente a Erkki Liikanen (Imprese), per sostenere l'importante settore dell'industria europea, che conta 177mila imprese dal fatturato annuo di 200 miliardi di euro.
Le sfide all'orizzonte per il tessile europeo fanno tremare i polsi. La fine delle quote sull'import scatterà il primo gennaio 2005 e sempre più incalzante si fa la pressione competitiva della Cina, ma anche di altri grandi produttori come India e Pakistan, mentre restano in bilico i risultati ottenibili dal Round di Doha dei negoziati Wto. La Commissione Ue, nel suo documento di riflessione sul futuro del tessile e dell'abbigliamento nell'Europa allargata, non prevede però il ricorso allo scudo di sussidi, a un trattamento privilegiato del settore o alla sostituzione delle quote con altre forme di protezione. Propone invece una strategia #'offensiva'' su più fronti che cerchi di agevolare la competitività delle imprese per salvaguardare i 2,1 milioni di posti di lavoro nei 15, cui aggiungere altri 500mila dai nuovi 10 Paesi entranti.
«è mia convinzione, sostenuto Lamy, che il futuro delle nostre industrie tessili risieda nella conquista dei mercati stranieri. Proprio per questo, in seno alla Wto proponiamo l'apertura in cambio dell'apertura». In questa chiave, facilitare l'innovazione, i finanziamenti e la formazione, in particolare nelle Pmi, diventa un imperativo per Bruxelles. Da esplorare anche la possibilità di un'etichetta #'made in Ue'', ha affermato il commissario al Commercio, che permetta di «aumentare la fiducia dei consumatori». Importante poi garantire entro il 2005 la libera circolazione dei prodotti tessili nell'area euromediterranea, di modo che le imprese comunitarie possano utilizzare appieno le risorse e i costi del lavoro vantaggiosi sulla sponda sud del Mare Nostrum.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 29/10/03 a cura di Pambianconews