La moda scommette sui giovani. Per generare nuova energia creativa il commercio e l'industria si mettono sulle tracce di promettenti stilisti che siano in grado di succedere ai grandi #'vecchi'' della moda. I titolari delle boutique del lusso vanno al la ricerca di marchi di nicchia per offrire qualcosa di speciale alle clienti, fuori dalle logiche del lusso globalizzato. Ci credono anche alcuni imprenditori. E' il caso di Gibò, azienda guidata da Franco Penè, di cui è presidente e azionista di minoranza mentre la maggioranza è detenuta dalla giapponese Onward Kashiyama. L'ultima scommessa di Penè è stata fatta sull'inglese Julie Verhoeven che disegna Gibò, il marchio della società che ha poco meno di un anno di vita e ha già i suoi primi due negozi. In questi giorni ha aperto in via Sant'Andrea 10 a Milano, il secondo dopo quello londinese.
Signor Penè, gestire un marchio proprio è più rischioso che portare avanti produzioni su licenza. Non è così?
«La novità in questo caso è che dobbiamo gestire anche la creatività e per ottenere dei risultati c'è bisogno di tempo. Ci vogliono anni di lavoro prima che uno stilista o un marchio raggiunga il successo. Lo abbiamo sperimentato anche nella produzione di altri marchi».
Come chiuderete l'anno?
«Stimiamo un fatturato di 50 milioni di euro rispetto ai 47 dell'anno scorso e un utile in linea con l'anno scorso che era di 9 milioni di euro. Un business che facciamo per l'85 % fuori dall'Italia».
Volete diventare un polo di moda giovane?
«Non compreremo mai dei marchi già avviati. Non appartiene alla nostra storia. Quello che ci interessa è ampliare le nostre capacità produttive ma sempre specializzati in queste produzioni difficili e particolari. Quello che stiamo già facendo è diversificare la produzione. In questi giorni concluderemo un'acquisizione di un maglificio».
Estratto da Affari & Finanza del 22/09/03 a cura di Pambianconews