La vicenda di Giacomelli mostra ogni giorno nuovi risvolti. I dettagli scritti nero su bianco nella relazione presentata dal professor Paolo Bastia al Tribunale di Rimini, grazie alla quale il gruppo Giacomelli è stato avviato verso la procedura di amministrazione controllata, entrano nella storia del gruppo. E, a parte il capitolo sulle denunce penali già illustrato dal «Sole-24 Ore», rivelano molti particolari anche sull'emissione obbligazionaria da 100 milioni di euro curata da Abaxbank e Banca Akros. Quando nel febbraio 2002 il bond fu emesso, i vertici di Giacomelli dichiararono che i soldi servivano soprattutto per lanciare la nuova catena di punti vendita (Xspot). Non annunciarono di avere acquisizioni importanti in cantiere. Tutti rimasero dunque sorpresi quando pochi mesi dopo (luglio 2002) Giacomelli acquistò Longoni Sport per 76 milioni di euro, prosciugando quasi tutta la liquidità raccolta con l'emissione obbligazionaria. E peggiorando la situazione finanziaria del gruppo: il prezzo fu infatti ritenuto all'unanimità troppo alto.
Quello che fa riflettere è anche la descrizione che il professor Bastia fa della situazione patrimoniale e finanziaria del gruppo Giacomelli. Già nei giorni del bond. «La situazione a fine 2001, si legge infatti sulla relazione, non era ancora quella di una crisi finanziaria, però evidenziava la mancanza di quella solidità necessaria per sostenere la crescita organica e la crescita per via esterna che il gruppo Giacomelli ha portato avanti nel corso del 2002». «Già il 31 dicembre 2001, continua la relazione, i principi di prudente amministrazione avrebbero dovuto improntare a grande cautela il ricorso ad un ulteriore debito finanziario e di regolamento per sostenere la crescita».
In ogni caso le cose si sono fatte pesanti in seguito. A causa, soprattutto, di Longoni. E del prezzo con cui fu acquistata. «Il dato a fine anno 2002, continua la relazione del professor Bastia, è drammatico e annunciato gradatamente dalle situazioni trimestrali evidentemente ignorate. Si perviene ad un rapporto di 9,32: come dire che per ogni euro di capitale di proprietà, il gruppo utilizzava più di 9 euro di debito. Un leverage finanziario ad altissimo rischio di insolvenza». «Si tratta di un dato che gli organi di controllo, dal collegio sindacale alla società di revisione esterna, erano in grado facilmente di osservare».
Estratto da Il Sole 24 Ore del 17/09/03 a cura di Pambianconews