«Brand manager». Si definisce così il presidente e amministratore delegato di Gucci, Domenico De Sole. «Il primo impegno spiega, è stato fin dall'inizio quello di gestire il marchio, vero asset del gruppo». La scelta strategica ha pagato: dieci anni fa, l'azienda fiorentina era sull'orlo della bancarotta e passò di mano con una valutazione complessiva di 300 milioni di dollari; oggi la classifica di Interbrand indica in 5,1 miliardi di dollari il valore del solo marchio, e Ppr, principale azionista di Gucci (circa 65%), s'è impegnata a lanciare un'opa sul 100% del capitale nel marzo 2004 a un prezzo globale di 10 miliardi.
Il successo del brand guidato da De Sole non è dunque casuale. Al contrario, è il risultato di una politica mirata, che nel tempo ha suggerito al responsabile della parte creativa, Tom Ford, a rifiutare ogni strada che potesse anche lontanamente indebolire la forza del marchio Gucci (come le seconde linee), e che ha portato a un consolidamento della parte distributiva, con il passaggio alla gestione diretta dei negozi.
«Lo studio dell'identità del marchio è alla base della strategia attuata da De Sole e Ford, spiegano a Firenze, e gli elementi di riferimento irrinunciabili sono la qualità, il made in Italy, la modernità, il design, la sensualità». Questo spiega il legame di Gucci con il territorio («Il polo produttivo fiorentino è il nostro ancoraggio alla tradizione e alla qualità del prodotto»), e spiega anche la coerenza delle scelte stilistiche.
Estratto da Il Sole 24 ore del 25/07/03 a cura di Pambianconews