è stato, e lo è ancora, l'anima e il cuore dell'azienda. Ha battagliato con i fratelli, che non la pensavano come lui, per farla diventare grande («Oggi siamo i numeri uno al mondo nel settore del lusso»). Smentisce il suo interesse all'acquisto della De Rigo («E perché mai dovrei farlo?»). Si dichiara convinto che a fine anno brinderà a un giro d'affari sul miliardo di euro, contro gli 894 milioni contabilizzati nel bilancio 2002. Assicura che entro due o tre anni ribusserà alle porte di Piazza Affari («Una scelta obbligata: le liquidazioni di famiglia mica me le sono andate a rubare in banca…»). Minimizza, ma non sottovaluta, quella che ama definire la febbre gialla di settore («I cinesi puntano sulle quantità, noi sulla ricerca, l'innovazione e la qualità»).
Ma non sono solo numeri e strategie a tenere banco nel passato-presente-futuro di Vittorio Tabacchi, presidente del gruppo Safilo, marchio d'élite nel campo delle lunettes. In ogni caso a tenere banco è la storia dell'azienda, che può contare su sette stabilimenti produttivi (dislocati a Longarone, Santa Maria di Sala, Pieve di Cadore, Martignacco, Precenicco, Linz in Austria e Ormoz in Slovenia), 26 filiali in altrettanti Paesi, 6.700 dipendenti, 24 milioni di occhiali prodotti, un export attestato all'85% in 130 diverse nazioni, un investimento pubblicitario pari al 9% del fatturato, un portafogli nel quale figurano griffe del calibro, ma è solo un citare, di Gucci e Dior, Valentino e Max Mara, Yves Saint Laurent e Diesel, Bottega Veneta e Carrera, nonché della new entry Armani, una liaison da 225 milioni di euro seguita al divorzio con Luxottica. Senza dimenticare il nuovo magazzino centralizzato, #'incorporato'' nel quartier generale di Padova, che a detta dei tedeschi rappresenta una vera chicca a livello europeo.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 21/07/03 a cura di Pambianconews