Dopo la guerra, la pestilenza. Nemmeno il tempo di incassare il dividendo della pace che il mondo si trova alle prese con le conseguenze, in buona misura imprevedibili, della sindrome da Sars. Quanto peserà sulle economie dell'Oriente, unica locomotiva in piena attività dell'economia globale? Jp Morgan parla di un calo del prodotto interno lordo cinese di 1,5 punti. Citigroup è assai più negativa: almeno il 5%. Le previsioni, in realtà, si scontrano con le previsioni approssimative del Dragone cinese.
«La crescita economica di Pechino commenta Gary Shilling, un gestore indipendente che vanta una lunga esperienza nel Far East, è assai sovrastimata. Molte variabili non sono conciliabili con le stime ufficiali di una crescita del pil tra il 9 e il 10% annunciata dalle statistiche. Non è possibile credere a un incremento degli investimenti nell'ordine del 15% se i consumi di acciaio e di cemento salgono solo del 5%».
Non c'è di che stare allegri, insomma. Anche se i più ottimisti pensano che l'epidemia servirà a fare pulizia nelle statistiche di Pechino, viziate dal pregiudizio ideologico, e ad adeguare le strutture di un'economia ormai troppo grande per nutrirsi di stime così approssimative. Ma per altri settori, alcuni assai importanti per il made in Italy, il danno legato alla caduta dei consumi e dei viaggi nel Far East è davvero devastante: la caduta delle vendite nei grandi magazzini di Hong Kong e Singapore colpisce al cuore le cattedrali del lusso (Gucci e Lvmh in testa) così come l'elettronica di consumo. Non a caso, tra i primi a lanciare una sorta di profit warning a inizio aprile è stato Pasquale Pistorio, numero uno di Stm, i cui principali clienti sono i produttori di telefonini a apparecchiature dvd o mp3.
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Estratto da La Stampa del 28/04/03 a cura di Pambianconews