Una straordinaria capacità di penetrazione dei mercati. E anche una migliore qualità dei prodotti rispetto al passato. Se poi si aggiunge l'inimitabile capacità di copiare stile e design altrui, in particolare del made in Italy, si capisce perché l'onda dei mobili cinesi sia arrivata fino alle frontiere dell'Unione europea, e tenga sulle spine i mobilieri italiani.
La concorrenza da parte di chi produce le stesse cose a costi infinitamente più bassi, che siano cinesi o no, si fa agguerrita. Dopo un passivo limitato, registrato per la prima volta
nel 2000, la bilancia commerciale europea dei mobili è scivolata in un profondo rosso.
Il passivo, nel 2002, è stato superiore al miliardo di euro. L'abilità delle #'Brianze'' cinesi nel copiare i maestri italiani ha dato forza ai mobili made in China. Forse ben oltre i meriti di una qualità che, per quanto in miglioramento, non è ancora al livello dei prodotti italiani.
Essere sempre un passo avanti rispetto ai concorrenti, perché prima o poi qualcuno copierà. Una tattica naturale per gli imprenditori italiani, visto che l'innovazione è, e sarà, la spina dorsale del mobile made in Italy. Meno scontata, invece, sembra la tutela giuridica. Il mobile, infatti, è di difficile protezione legale: basta variare qualche particolare per sfuggire all'accusa di avere copiato disegni registrati. Nel caso del mobile non si verifica una vera e propria contraffazione, cioè il plagio di un prodotto accompagnato dall'uso abusivo di un marchio. C'è piuttosto un'imitazione pura e semplice, con violazione, quando i disegni sono stati registrati, del brevetto del modello ornamentale, cioè dell'insieme delle forme che caratterizzano il prodotto.
Spesso, però, le imprese hanno bisogno di un'azione immediata, o meglio ancora preventiva. «Per difendersi, dice Rodrigo Rodriquez, imprenditore attento alle evoluzioni del mercato ed esperto di tutela del design, le aziende devono registrare il modello comunitario sul mercato cinese e su tutti i mercati significativi. E se si tratta di plagio, è opportuno mettersi in contatto con Federlegno-Arredo per avere i necessari suggerimenti» .
Vedi tabella che segue
Estratto da Il Sole 24 Ore del 9/04/03 a cura di Pambianconews