I nuovi mercati sono più che una promessa
Gli imprenditori calzaturieri italiani sono assediati da due parti: all'interno del nostro paese devono sopportare la concorrenza sempre più agguerrita dei produttori asiatici, mentre all'estero un po' per la crisi economica, un po' per ragioni strutturali, un po' per l'assalto delle contraffazioni le esportazioni sono in difficoltà. Stati Uniti ed Europa sono i mercati che tradizionalmente assorbono la maggior parte della produzione italiana.
Il made in Italy, anche nel settore calzaturiero, si caratterizza sempre di più come prodotto di gamma medio alta e in molti casi gode all'esterno di un'aura mitica. Ciò ha fatto in passato la fortuna dei nostri prodotti in Usa e in Europa. Adesso è venuto il momento di far scoprire il fascino del made in Italy anche in paesi come la Cina e la Russia, oltre che in diversi altri ex paesi in via di sviluppo. è in questi paesi, che si affacciano o che hanno da poco oltrepassato la soglia del benessere, che può diventare facile vendere prodotti che contengono il plus rappresentato da un design raffinato e da una qualità indiscussa.
L'Italia alla conquista della Cina in 8 aprono showroom a Pechino
Un mercato di grande appetibilità per la produzione e la distribuzione di scarpe di qualità medioalta: la Cina, dopo l'ingresso nel Wto, secondo una ricerca promossa dall'Anci in collaborazione con l'Ice, è diventata ancora di più una meta da conquistare per gli imprenditori italiani, che in effetti hanno già compiuto i primi passi nel Paese. «Sul totale delle importazioni di scarpe in Cina noi italiani abbiamo il 30%, ricorda Cleto Sacripanti, presidente del Gruppo Giovani dell'Anci e titolare della Manas Si tratta di scarpe con tomaia in pelle e fondo di cuoio, pertanto di fascia medioalta. Del resto, diversi imprenditori italiani producono in Cina, abbiamo iniziato con le scarpe da uomo, poi siamo passati a quelle da bambino e da donna».
Ma cosa rende conveniente il mercato cinese? «Offre anzitutto molte opportunità: fra i nuovi mercati è quello con il tasso di crescita più alto spiega Sacripanti Certo non è un mercato alternativo, sul quale concentrarsi». Una ricerca dell'Anci dimostra che solo il 5% della popolazione cinese può permettersi al momento di acquistare calzature d'importazione. Questa fascia alta della popolazione è poi distribuita nelle principali città, ciascuna delle quali costituisce un mercato a sé, non comunicante con gli altri.
Il cliente russo punta sulla qualità piacciono molto le scarpe di lusso
Dopo la crisi economico finanziaria, la Russia torna ad acquistare scarpe italiane, ma sceglie la qualità. Nei primi dieci mesi del 2002, l'Italia ha comunque registrato una flessione nelle quantità esportate. Numericamente il calo è stato maggiore per la Federazione Russa (17%) rispetto all'Europa (8,9%), ma accompagnato da un incremento dei valori (+ 4,58% contro il 6% europeo) e del prezzo medio (+ 24%).
«Il calo di quantità dell'export verso l'ex Unione sovietica spiega Bruno Scheggia imprenditore calzaturiero non è da ritenersi affatto negativo in un contesto di congiuntura internazionale in forte contrazione come quello che stanno attraversando i nostri principali mercati (Germania 19%, Usa 15%)». «Delocalizzare un sistema come quello delle calzature sottolinea Ferruccio Squarcia dell'Associazione industriali di Ascoli Piceno significa trasferire anche accessoristica e imballaggi, tutto quello che fa prodotto finito; altrimenti ai minori costi di manodopera corrisponderebbero alti costi indiretti e verrebbe meno la forza di un distretto calzaturiero come il nostro quello fermano dove tutti i componenti della filiera sono reperibili nel raggio di 20 chilometri».
I venti di guerra frenano le esportazioni
«Per aver voglia di spendere nella moda c'è bisogno di contentezza, allegria, esagerazione. Non c'è dubbio che la crisi economica ma anche la paura della guerra e del terrorismo, stiano incidendo sensibilmente sull'andamento del settore delle calzature. Un settore dove siamo imbattibili per qualità, fattura, design e che proprio per questi motivi presenta costi piuttosto alti».
A parlare è Armando Pollini, vicepresidente dell'Anci (associazione nazionale calzaturieri italiani) oltre che responsabile della promozione in Europa: «Una fase così preoccupante non si vedeva da tanto tempo, spiega Pollini. Le esportazioni in Europa attraversano un momento delicato e difficile e, complessivamente, possiamo parlare di un calo di oltre il 10%. L'andamento è ovviamente diverso a seconda dei paesi di riferimento: l'Inghilterra tiene abbastanza bene le posizioni, così anche Spagna, Benelux e Svizzera. In leggera flessione Francia, Germania e Paesi del Nord, mentre in Russia registriamo alti e bassi con una vendita che potremmo definire schizofrenica».
Rallentano gli Usa: la ripresa arriverà solo l'anno prossimo
Le esportazioni del made in Italy dell'industria calzaturiera italiana verso gli Stati Uniti, nei primi 10 mesi del 2002 sono scese del 13,2 per cento a 998 milioni di euro, con una flessione del 15,5 per cento in volume a 35,1 mln di paia di scarpe.
Oltre alla crisi economica americana e mondiale, sta pesando sulla raccolta degli ordini dagli Stati Uniti, il fortissimo apprezzamento dell'euro contro il dollaro, che ai valori attuali è cresciuto dal gennaio 2002 del 28 per cento passando da 0,86 a 1,10 dollari.
''Gli Stati Uniti sono di gran lunga il mercato più importante del mondo anche per il settore calzaturiero, sia per quanto riguarda i marchi italiani che per quelli americani che vengono prodotti in Italia. Un mercato anche qualitativamente interessante'', dice Andrea Tomat, presidente e direttore generale di Lotto Sport Italia e vice presidente dell'Anci. #'Se mettiamo da parte l'attuale congiuntura che penalizza tutti i settori, l'industria italiana ha guadagnato spazi in America nella parte medio alta, ma perde in quella più bassa anche a causa della concorrenza di produttori orientali molto aggressivi''.
E l'importanza del mercato americano è testimoniata anche dalla presenza in loco di aziende di primissimo piano come Bruno Magli, con un fatturato di ben 30 milioni di dollari. #'L'America ha superato l'11 settembre più rapidamente dell'Europa e questo mercato, nonostante la crisi, rappresenta una grande opportunità. Noi stiamo andando molto bene, con una crescita nel 2002 del 42 per cento nelle vendite'', dice Eugenio Morselli, presidente e a.d. di Bruno Magli.
Estratto da Affari & Finanza del 17/03/03 a cura di Pambianconews