La moda? «Per me è come la mamma. E a un maschio italiano si può toccare tutto, ma non la mamma. Ecco perché, a volte, mi faccio prendere dalla polemica». La moda-mamma di Roberto Cavalli, purtroppo, attraversa un periodo non facile ed è in un momento come questo che si notano, oggi più che ieri, divisioni e protagonismi. Già qualche mese fa Cavalli aveva parlato con Corriere Economia dell'esigenza di sedersi attorno a un tavolo per dare un indirizzo unico al sistema. Proposta che oggi lancia ufficialmente: smettiamola di fare le primedonne, dice, e lavoriamo insieme. Meglio se sotto la guida di un ministero della Moda che curi davvero il made in Italy.
Altrimenti?
«Altrimenti rischiamo di non riuscire a competere. Per andare in certi Paesi bisogna unirsi, per dividere le spese, per avere le informazioni necessarie, per sfruttare al meglio la televisione locale… Mi ricordo negli Anni Settanta quando c'eravamo io, Armani, Missoni, Basile, Genny, nomi che magari oggi non ci sono più… C'era l'Ice che organizzava mega-sfilate a New York, al Plaza. La moda italiana è diventata grande anche per questo, ma oggi non si fanno più».
Perché?
«C'è troppo #'primadonnismo''. Guardi cosa accade quando Rai o Mediaset organizzano una sfilata per la televisione: spesso salta tutto perché uno, due stilisti non si sono trovati d'accordo. E il primadonnismo è una malattia che attacca, quando vedo un designer che dice #voglio essere il primo' anche a me viene voglia di dire la stessa cosa! Invece, io sono legato a un altro periodo, quando il design era una meravigliosa forma d'arte, un mestiere come un altro. Ma sono cose difficili da spiegare, sono sensazioni…»
L'unione fa la forza, cosa signif�ca in concreto?
«Pensiamo a cosa accade per le sfilate, con giornalisti e buyer costretti a correre da un posto all'altro. Perché non c'è un luogo generale fisso per tutti? Perché ognuno deve diversificarsi dall'altro, crede che il proprio luogo debba primeggiare».
Estratto da CorrierEconomia del 3/02/03 a cura di Pambianconews