«Le persone che lavorano nei punti vendita, dice Gildo Zegna, con il cugino Paolo alla guida del secondo produttore mondiale di abbigliamento maschile di alta gamma dopo Hugo Boss, sono gli ambasciatori delle aziende. Ma se non si creano le giuste risorse umane si scontenta il cliente o, comunque, gli si fanno comprare le cose sbagliate». La retail school istituita un anno fa da Zegna al proprio interno (docenti, gli stessi manager del gruppo) è uno dei punti che qualificano la strategia della società, che ha appena annunciato di aver chiuso il 2002 l'anno nero della moda a del lusso, con una flessione del fatturato leggera, pari al 3,8%, per 660 milioni di ricavi.
«Noi siamo moderatamente ottimisti, dice ancora Zegna, e anche a Pitti si è respirata voglia di riprendersi evoltare pagina. La preoccupazione, nostra e del sistema, riguarda la perdita di potere del dollaro rispetto all'euro, dal momento oltre il 50% delle esportazioni avviene in dollari o in monete che dal dollaro sono influenzate. II rafforzamento dell'euro ha inciso negativamente su Zegna nel 2002 per il 4%».
Anche Mario Boselli oggi si dice «non pessimista». La stessa persona che ai primi segnali di crisi, quando ancora tutti affermavano che non si vedevano problemi particolari nell'orizzonte della moda, parlò subito di «gelata». Adesso, dopo un 2002 da dimenticare e una fine d'anno andata peggio delle attese «per colpa in gran parte degli incentivi dati all'auto», il presidente della Camera nazionale della moda vede più rosa di altri. «Penso, sostiene, potrebbe esserci anche prima del secondo semestre di quest'anno».
Estratto da CorrierEconomia del 13/01/03 a cura di Pambianconews