Almeno 150 milioni i cinesi, potenziali clienti della moda di alta gamma. Ma c'è molta strada da fare. Per ora la reciprocità degli scambi commerciali nel settore del fashion è decisamente a vantaggio dell'industria cinese. L'industria locale di abbigliamento, pellicceria e prodotti in pelle nei primi sette mesi del 2002, secondo dati Ice, ha esportato complessivamente 30,6 miliardi di dollari, rispetto ad un'importazione di 2,1 miliardi di dollari. L'esportazione verso l'Italia è stata di 680 milioni di dollari rispetto ad un import di 235 milioni di dollari.
Ferragamo è tra i primi marchi italiani in quanto a fatturato e riconoscibilità di marchio. «Oggi abbiamo 16 punti vendita che entro fine anno arriveranno a 19, di cui la metà su strada, commenta Ferruccio Ferragamo, amministratore delegato della Ferragamo Finanziaria. Il preconsuntivo di quest'anno è di 12 milioni di dollari e stimiamo di arrivare ai 15 milioni di dollari nel 2003». Ferragamo è in joint venture con Immagine che fa capo a Peter Who. E' arrivato il momento della Cina anche per Armani. A segnare in modo tangibile l'interesse del gruppo verso questo mercato è stata l'apertura del multibrand Armani Store ad Hong Kong, città che già era presidiata da anni con 7 negozi.
Bulgari è alla ricerca di un partner per allargare il suo raggio d'azione in Cina, con l'obiettivo di aprire un negozio a Shangai o a Pechino entro la fine dell'anno prossimo. A fine novembre è stato inaugurato il quarto negozio Bulgari, un flagship store, ad Hong Kong. Un brand italiano che sta accelerando nella Cina continentale è Furla che nel giro di due anni ha aperto otto negozi. Adesso stanno finalizzando altre due aperture con partner locali. Il brand bolognese lavora in modo diretto con Furla Cina che ha sede a Shangai. Esiste anche una Furla Hong Kong con cinque negozi.
Estratto da Affari & Finanza del 9-12-02 a cura di Pambianconews