Cina, Russia e il sempreverde Giappone. è questo il trittico di paesi su cui scommette il lusso italiano. E benché le tre aree siano già state esplorate, sono ancora alte le potenzialità di crescita per le griffe tricolori. Fra le tre emergenti, l'area meno battuta sembra essere la Cina, un mercato ancora tutto da sviluppare. «La Banca popolare cinese nel dicembre del 2001 ha stimato che i risparmi dei consumatori sono pari a circa 7 mila miliardi di euro», ha spiegato Guido Vivi, presidente di Grant Thornton international business, «in questo senso il mercato cinese è una miniera d'oro. Il consumatore cerca prodotti che siano di alta qualità e che abbiamo un fascino intrinseco, in grado di tentarlo e di spingerlo all'acquisto.
Ma l'obiettivo è stato puntato anche sul Giappone, dove è stato stimato esistano un totale di patrimoni personali pari a 10 mila miliardi di dollari. «Bisogna fare in modo di non dipendere troppo dalle vendite nipponiche anche se in quest'area la redditività è molto alta», ha poi detto Toshio Sakai, presidente di Conduttore co, «è anche vero che molti brand non potrebbero sopravvivere senza il Giappone. Il problema principale è nell'approccio a quest'area». Due gli esempi portati per testimoniare le potenzialità dell'area nipponica. In primis Louis Vuitton, che nel primo giorno di apertura dello store di Tokyo-Omotesando ha registrato vendite per un milione di dollari. Ma anche Bulgari, che nel giorno di battesimo dello shop di Ginza ha totalizzato 800 mila dollari.
Un capitolo a parte è stato dedicato alla Russia, protagonista di un vero e proprio boom economico, che ha portato allo sbarco moscovita di numerose griffe. «Il cliente russo vuole abiti visibili e che siano in grado di esaltare il suo sex appeal», ha spiegato Shakherezade Amirkhanova, direttore di Harper's Bazaar Russia, «il consumatore è molto selettivo, è curioso e soprattutto i giovani sono alla ricerca di nuovi modelli di vita. Non è come per il Giappone. Il logo è importante ma non così tanto. E non esiste neanche un fenomeno come quello della fidelizzazione religiosa. I russi chiedono abiti firmati e soprattutto che siano riconoscibili, ma anche di qualità alta. La cosa principale per approdare in Russia», ha proseguito, «è appoggiargi a un partner che conosca il mercato che in questo momento è abbastanza imprevedibile. è difficile capire in che modo si evolverà anche perché le persone stanno imparando strada facendo». Anche Laura Biagiotti ha portato la sua testimonianza, ricordando di essere stata la prima stilista italiana a sbarcare in Cina (nell'88) e in Russia (nel '95).