La missione era ambiziosa e precisa: «armanizzare» Donna Karan. I francesi di Lvmh pensavano di aver fatto bingo nel reclutare Giuseppe Brusone, il manager che per 14 anni era stato il braccio destro dello stilista milanese. Ma sulla poltrona di Ceo (Chief executive manager, amministratore delegato) della griffe americana Brusone ha resistito meno di un anno, vittima delle tensioni fra la holding del lusso di Bernard Arnault, insoddisfatta dell'acquisizione da 643 milioni di dollari, rivelatasi più problematica del previsto, e la designer newyorkese, nota per la sua stravaganza e i suoi eccessi nello spendere.
Così lo scorso primo ottobre Brusone ha lasciato la gestione operativa di Donna Karan per diventarne presidente; al suo posto come Ceo è stato nominato Fred Wilson, già presidente e Ceo della divisione americana di Lvmh Fashion Group, un veterano del gruppo francese negli Stati Uniti e, secondo gli esperti del settore, capace di gestire con un approccio più soft gli inevitabili contrasti con una creativa come Karan.
A commento del cambio dei vertici, Brusone e Karan non sono andati al di là delle dichiarazioni rituali, in cui si sono detti felici di aver lavorato insieme e hanno promesso di continuare a collaborare per lo sviluppo del marchio. La portavoce newyorkese della casa di moda, Patti Cohen, ha precisato al Corriere Economia che l'azienda non è pronta a parlare di nuove strategie; intanto, ha annunciato che chiuderà l'anno in utile, nonostante la difficile situazione economica. Ma il mercato si interroga su come la ristrutturazione avviata da Brusone andrà realmente avanti.