Forse all'orizzonte comincia ad apparire la fine del tunnel. E forse per l'abbigliamento e per il tessile il 2003 non sarà peggiore di quest'anno. C'è una punta di ottimismo nelle parole del professor Innocenzo Cipolletta, economista e presidente della Marzotto. «Credo che il fondo sia stato già toccato. Dopo l'11 settembre abbiamo avuto un periodo molto brutto con circa 8 mesi di rallentamento continuo della congiuntura. Ora forse il settore non ripartirà subito però non dovrebbe proseguire la discesa».
«Innanzitutto occorre precisare che sia il tessile sia l'abbigliamento stanno attraversando una congiuntura simile. Per entrambi i settori negli Stati Uniti come in Germania la situazione non è facile. Mentre in Francia e in Gran Bretagna le cose vanno un po' meglio. Anche in Estremo Oriente, penso alla Cina e al Giappone ma anche alla Corea e a Taiwan, il tessile-abbigliamento italiano si vende bene. C'è il problema dei prezzi, però».
Parecchie aziende del made in Italy controllano direttamente i loro negozi. In un momento difficile come questo si tratta di un vantaggio o di un handicap?
«Certo, in un periodo di incertezza in cui prevale l'esigenza di spostare rapidamente la vendita dei prodotti dai mercati depressi a quelli che continuano a tirare chi ha molti negozi soffrirà un po' di più. Tuttavia i punti vendita sono un asset importante che rivelerà il suo peso quando la congiuntura migliorerà».
Abbiamo visto che oggi la congiuntura del tessile è un po' come quella dell'abbigliamento. Ma in futuro cosa succederà? Siamo in vista di cambiamenti strutturali?
«Già da tempo molte produzioni tessili italiane sono state delocalizzate all'estero. Credo che questa tendenza si consoliderà. Tuttavia in Italia rimarranno comunque alcune produzioni importanti».