Ai bei tempi in cui la moda e il lusso avevano giri d’affari da capogiro, Bernard Arnault e François Pinault si sono dati battaglia, senza esclusione di colpi, per mettere le mani sulla Gucci. Il primo, perché voleva arricchire il già prestigioso impero Lvmh che spazia dalla moda (Louis Vuitton, Celine, Kenzo, Donna Karan, Givenchy, Fendi, Emilio Pucci e altri) agli orologi (Chaumet, Tag Heuer, Ebel); dai vini e champagne (una ventina di etichette a partire da Moet & Chandon, Dom Perignon, Veuve Cliquot) fino agli accessori e i profumi. Il secondo invece, con l’acquisizione della maison guidata da Domenico De Sole, vedeva coronato il sogno di entrare a pieno titolo, con la sua Ppr (PinaultPrintemps Redoute), tra i grandi del lusso internazionale.
Al 30 giugno scorso il giro d’affari di gruppo Ppr era a 13.314 milioni di euro (contro i 13.511 dello stesso mese del 2001) in calo dell’1,5 per cento. In compenso il margine lordo è cresciuto dello 0,1 per cento, ma l’ebitda mostra una diminuzione del 5,1 per cento. L’indebitamento è cresciuto (dai 6.630 euro del primo semestre 2001 ai 7.032 del giugno scorso), per effetto delle nuove acquisizioni e in particolare di Gucci (che pesa in bilancio dal secondo semestre del 2001). Ma in casa Ppr, nonostante la situazione generale e i dubbi che pesano sul futuro dell’economia mondiale, non si respira aria di pessimismo.
Anche fuori dal comparto lusso, nell’ultimo anno il gruppo ha ingranato la marcia dello sviluppo: in Polonia ha aperto un nuovo magazzino della catena Conforama (una sorta di piccola Ikea dei mobili) e ha fatto il restyling di Printemps (l’equivalente della nostra Rinascente). Intanto è proseguita la campagna aperture dei magazzini Fnac (catena specializzata nel commercio di libri, dischi, prodotti tecnologici) in joint venture con il gruppo Coin.
Sul fronte Lvmh, la comunicazione ufficiale dei dati della semestrale è prevista per il 14 di settembre, ma dal comunicato pubblicato in luglio, il mercato ha già avuto un assaggio dello stato di salute dell’impero di Bernard Arnault «Lvmh – si legge nella nota – nel primo semestre 2002 ha realizzato un giro d’affari di 5.823 milioni di euro, in crescita del 2 per cento in rapporto allo stesso periodo del 2001(5686). Tutti i nostri marchi sono cresciuti a moneta costante, malgrado la crisi del turismo». E fanno notare la performance molto brillante (+15 per cento) della griffe Louis Vuitton che nel secondo trimestre di quest’anno è cresciuta in Giappone e, soprattutto negli Stati Uniti, un mercato che, si sa, è stato piuttosto avaro con i concorrenti del gruppo francese. Anticipazioni anche intorno al cash flow che nel primo semestre risulta in crescita, grazie al miglioramento del risultato operativo e alla cessione di alcune attività non strategiche.