Coin, atto terzo. Prima la turbolenta assemblea in cui le parti, e cioè i due fratelli in «guerra» da tre anni, si sono confrontate. Poi l'affondo della componente vicina a Piergiorgio Coin, ad ipotizzare una impugnazione del verbale d'assemblea per una serie di inadempienze. Ieri la replica, dura, di Vittorio Coin, il presidente del gruppo. «Finchè la questione era a livello della società familiare di controllo del gruppo tutto poteva anche essere comprensibile – afferma – ma avere spostato il tiro portando lo scontro in assemblea vuol dire giocare sulla pelle della società e questo è preoccupante oltre che inaccettabile».
«Io – conclude Vittorio Coin – sono sempre pronto a comprare. E' ovvio che la base della trattativa non può essere il valore odierno dell'azione, ma nemmeno quello antecedente all'11 settembre. Si può pensare ad una media calibrata anche sulla media del settore. Ma bisogna voler portare avanti l'operazione mentre colui che dovrebbe essere il venditore non sta certo recitando questa parte».
Sul fronte tecnico secche anche le repliche dell'ad Paolo Ricotti. Il gruppo ha un piano industriale ben conosciuto e l'operazione in Germania con Kaufhalle è l'esatta replica di quella completata con successo in Italia con Standa. E' vero che la Germania è risultata più difficile del previsto, complice una congiuntura sfavorevole, ma è naturale che, come per Standa, almeno i primi due anni siano in perdita. Il gruppo, invece, nel suo complesso sta bene: il fatturato in sei anni è passato da 619 a 1528 milioni di euro e l'Ebit da una perdita di 14,4 milioni ad un positivo di 29,1 milioni.