Non più soltanto oggetto dei desideri e perciò spesso facile preda per molti gruppi esteri, ricchi di denari ma talvolta poveri di creatività, da qualche tempo il made in Italy si è fatto cacciatore in terra straniera. A guidare la riscossa di un made in Italy che mostra muscoli finanziari oltre a glamour e fantasia, in prima fila c’è la Luxottica di Leonardo Del Vecchio. Il gruppo, leader mondiale dell’occhialeria, ha piantato il vessillo tricolore sugli occhiali Ray Ban (nell’aprile ‘99 per oltre 1.100 miliardi di vecchie lire) e sulle camicie Brooks Brothers (nel novembre 2001 per 225 milioni di dollari). E all’America non ha solo portato via due marchi, ma là si è anche quotato in Borsa e ha comprato catene di negozi (LensCrafters).
Poi c’è la moda. Ha fatto clamore Gucci che ha comprato Yves Saint-Laurent, ma ormai è una società a capitale francese (la controlla Francois Pinault). Perciò il vero condottiero in questo campo è Patrizio Bertelli, amministratore delegato di
Prada e marito della stilista Miuccia: in un paio d’anni ha comprato la casa di moda austriaca Helmut Lang (agosto ‘99), la maison tedesca quotata a Francoforte Jil Sander (settembre ‘99) e le scarpe inglesi Church’s, tolte dal listino londinese nel febbraio 2000. Il prezzo complessivo è stato salato e ha contribuito ad accrescere l’indebitamento del gruppo, ma quelli erano I tempi delle follie del lusso.
Gli ultimi raid del made in Italy all’estero? De Longhi, che ha conquistato per 80 milioni di euro la britannica Kenwood (elettronica, quotata a Londra); Merloni che ha acquistato gli elettrodomestici della francese Scholtes; Coin, che nel 2001 ha rilevato i grandi magazzini tedeschi Kaufhalle.