Per gli azionisti della Gianni Versace spa la ricerca di un partner finanziario di minoranza si sta rivelando più problematica del previsto. Il giro d'orizzonte compiuto tra febbraio e marzo dal Credit suisse first Boston (Csfb) su mandato di Santo, della sorella Donatella e di sua figlia Allegra ) non ha infatti dato i risultati sperati. Il team londinese di corporate finance della banca d'affari ha sottoposto i dettagli dell'operazione ai grandi fondi di private equity italiani e internazionali, i quali hanno però espresso grande perplessità sulle condizioni poste dalla famiglia Versace.
Innanzitutto sulla quota messa in vendita (tra il 10 e il 20% del capitale, che non consentirebbe ai fondi chiusi di avere voce in capitolo nella gestione dell'azienda) e sull'impossibilità per l'investitore di esprimere il management. Ma il nodo centrale è la modalità di ingresso del nuovo socio che, secondo lo schema proposto, non rileverebbe una partecipazione attraverso un aumento di capitale riservato, bensì acquisendo quote direttamente dai soci.
In questo modo, non entrerebbero, almeno in una prima fase, mezzi freschi nelle casse dell'azienda, che pur si trova a dover affrontare nel breve periodo un importante piano di sviluppo per tenere testa ai concorrenti globali del lusso. Secondo il business plan triennale appena redatto da Santo e Donatella, la Gianni Versace spa, capogruppo delle attività produttive e distributive, necessita infatti di 120 milioni di euro di investimenti per espandere la rete di negozi diretti (oggi 112) e per il riacquisto delle boutique in franchising (89).