Indagine Pambianco: i principali marchi di abbigliamento investono sulla produzione diretta. La tendenza dominante è ridurre i rapporti di licenza e controllare direttamente produzione e distribuzione. Una tendenza inarrestabile, che sta cambiando la struttura del settore: appesantisce quella delle griffe, rendendo più pesanti anche fatturato e margini; alleggerisce quelle dei licenziatari, costretti a cambiare strategia, ad affiancare marchi propri alle licenze, per acquisire autonomia. Uno studio di Pambianco Strategie di Impresa fa il punto della situazione: ‘Nel settore abbigliamento donna che rappresenta per tutte le grandi griffe – spiega Carlo Pambianco – il core business, attraverso il quale diffondono al meglio la loro immagine, la strategia negli ultimi anni è stata di produrre direttamente, soprattutto le prime linee, acquisendo aziende o dando vita a joint venture produttive’. In effetti, tutti i grandi marchi hanno deciso di produrre in proprio almeno la prima linea. Prada e Max Mara hanno sempre fatto così, altri, come Moschino, sono stati comprati dai licenziatari, facendo venir meno la necessità di un contratto. Altri ancora, come è successo a Cerruti con Finpart e a Ferrè con It Holding, sono stati comprati da un gruppo con una struttura industriale che ha deciso di portare in casa la gestione di tutta la collezione; altri, infine, hanno deciso di investire direttamente sugli stabilimenti, come ha fatto Armani quando si è svincolato dalle licenze.
Armani ha fatto la stessa cosa con l'abbigliamento maschile, ma in questo comparto la tendenza è meno diffusa: ‘Probabilmente – spiega Pambianco – perché il prodotto richiede maggiore tecnologia e pertanto può essere opportuno appoggiarsi a strutture industriali qualificate e già consolidate’. Diverso il discorso degli accessori. ‘Per calzature e pelletteria – aggiunge Pambianco – le griffe stanno iniziando a seguire la strategia della produzione diretta, vuoi perché non esistono licenziatari capaci di assicurare una distribuzione a livello mondiale, adeguata alla notorietà dei marchi, vuoi perché vogliono incamerare anche l'utile della produzione, visto che il settore richiede bassi investimenti sul piano industriale’. E la redditività della pelletteria è la più alta dell'intero sistema moda, seguita da quella delle calzature.
Di licenze, anche nell'abbigliamento femminile, ne rimangono comunque molte. Riguardano soprattutto le seconde o marchi più piccoli sul mercato, a parte qualche caso isolato, come Roberto Cavalli: il rapido sviluppo della griffe negli ultimi quattro anni, sottolinea Pambianco, poteva essere sfruttato soltanto con le licenze. La top ten dei licenziatari, per numero di contratti, nell'abbigliamento femminile dà il primato a Sinv Holding e a Gibò, con sei marchi, seguiti da Multimoda Network e Swinger, a quota cinque, da Marzotto con quattro, Aeffe e It Holding con tre, Erreuno, Fingen e Tombolini con due firme.