I luxury goods tornano alla ribalta. Dopo la messa al bando dalla comunità finanziaria internazionale a causa della forte esposizione al travel retail, con pesanti ripercussioni sulle quotazioni, gli investitori tornano ora a ricostituire posizioni sul comparto che ha mostrato una resistenza alla crisi post 11 settembre superiore a quella ipotizzata precedentemente. Il cessato allarme è arrivato con i risultati di Lvmh e Richemont, rispettivamente numero uno e numero due al mondo nei beni di lusso.
Risultati non entusiasmanti, ma indicativi di un trend che ha già superato la fase peggiore e applauditi in borsa con un rialzo del 9% per Lvmh. Nel quarto trimestre 2001 il fatturato del colosso francese è calato del 4% a 3,538 miliardi di euro nell'intero 2001 è salito invece del 5% a 12,2 miliardi di euro), colpito soprattutto dal crollo degli alcolici e delle catene distributive (Sephora e Dfs). In tutta salute si è mostrata invece la divisione moda e pelletteria, in crescita del 5% a 966 milioni di euro, grazie a marchi evergreen come Louis Vuitton, Céline e Givenchy. Per il primo semestre 2002 le previsioni della società guidata da Bernard Arnault sono di stabilità, con conseguente concentrazione del management sul miglioramento della struttura dei costi. Che nel 2002 dovrebbe portare l'utile operativo a tornare ai livelli del 2000 dopo lo scivolone stimato per il 2001.
Dopo i risultati di Richemont, che ha archiviato il terzo trimestre dell'esercizio 2001/02 (comprendente i mesi di ottobre, novembre e dicembre) con un fatturato in discesa dell'8% escludendo le attività acquisite, il lusso è stato sdoganato anche da Sarasin. «L'industria dei luxury goods ha resistito più di quanto molti operatori temessero», ha detto un analista della banca d'affari svizzera, «e le vendite di dicembre sono come la luce che s'intravede alla fine di un tunnel».
sintesi dell'articolo di Ferruccio Podda a cura di Pambianconews