Dopo lo stop forzato e l’attesa del via libera da parte dell’Unione europea, in Italia si ritorna a parlare di riciclo tessile. Un appuntamento sul calendario non è stato ancora fissato, ma gli addetti ai lavori si aspettano il raggiungimento di un compromesso sulla normativa comunitaria relativa al regime ‘Epr’ (‘Responsabilità estesa del produttore’, ndr) entro la fine del 2024. A tracciare un quadro aggiornato dell’evoluzione in Europa del principio che promette di rivoluzionare il fine vita dei prodotti tessili è Luca Campadello, strategic development & innovation manager di Erion Textiles, uno dei consorzi nati negli ultimi anni proprio con l’obiettivo di presidiare l’anello della supply chain relativo allo smaltimento ‘virtuoso’.
“Le elezioni europee, temute come potenziale fattore di rallentamento dell’iter, si sono invece rivelate un acceleratore, che ha spinto sia il Parlamento sia il Consiglio europeo a finalizzare le proprie versioni della normativa prima di andare alle urne nel mese di giugno”, ha spiegato Campadello a Pambianconews. “Ora la palla è passata alla presidenza ungherese (gli Stati membri si avvicendano nell’esercitare la presidenza del Consiglio Ue ogni sei mesi, ndr), che si è messa come obiettivo quello di arrivare entro la fine dell’anno a una versione di compromesso tra quella della Commissione, del Parlamento e del Consiglio”. Non è ancora una scadenza certa, ma una speranza per tutti gli enti che lavorano da tempo a questo traguardo e che sono rimasti finora al palo.
A febbraio 2023, infatti, era stata avviata la consultazione sullo schema di decreto del ministero dell’Ambiente che avrebbe introdotto la regolamentazione per gli operatori del tessile, prefigurando l’istituzione di un centro di coordinamento, il Corit. La bozza è stata poi accantonata sia per le criticità emerse in fase di stesura sia, verosimilmente, in attesa del deus ex machina comunitario, che si sarebbe però fatto attendere almeno un altro anno, con in mezzo la potenziale complicazione rappresentata dalle elezioni europee. Elezioni che hanno, sì, visto la composizione del Parlamento europeo pendere più verso destra, ma non hanno intaccato la maggioranza di von der Leyen e l’orientamento, dunque, nei confronti della transizione green.
Il Belpaese è stato comunque in ottima compagnia: quasi tutti i Paesi europei non hanno avuto il tempo di anticipare l’Europa. Uniche eccezioni, Francia, Olanda e Ungheria. “L’Italia ha perso il treno ed è stato da un lato un peccato – ripercorre Campadello – perché ora non ci resta che aspettare la fine dei lavori a Bruxelles, ma dall’altro è un’opportunità, dal momento che in questo modo la legge che entrerà in vigore in Italia sarà allineata alle legislazioni di Spagna, Germania, Portogallo e tutti gli altri Stati membri”. Prosegue ancora il manager: “Si tratta di un vantaggio soprattutto per i produttori, che non devono affrontare una pluralità troppo ampia di normative locali”. All’indomani del testo europeo, infatti, i singoli Stati avranno un tempo tra i 24 e i 36 mesi per redigerne la propria versione, ma non è escluso che l’Italia abbia bisogno di meno tempo. “A quel punto aspettare avrà meno senso, perché prima si parte meglio è”.
La nuova, ancora ipotetica, data, arriverebbe così pressoché in contemporanea all’obbligo, questo certo, di raccolta dei rifiuti tessili nei paesi membri dell’Ue che scatterà il primo gennaio 2025. Scadenza su cui l’Italia era invece riuscita a giocare d’anticipo, non senza complicazioni burocratiche. Nello Stivale, in effetti, il tema dei rifiuti del tessile-moda non è meno preoccupante che nel resto d’Europa. Il Paese, oltretutto, è tra quelli che immettono sul mercato il maggior numero di prodotti tessili a livello europeo, con 23 kg per abitante ogni anno a fronte di una raccolta di soli 2,7 kg pro capite, che corrispondono a circa 160 mila tonnellate (di cui 80mila raccolte al Nord, 33,5mila raccolte nel Centro Italia e 46,7mila al Sud).
E secondo l’Agenzia europea dell’ambiente, nel 2020 l’Ue ha generato circa 6,95 milioni di tonnellate di rifiuti tessili, ovvero circa 16 kg pro capite. Di questi, 4,4 kg a persona sono stati raccolti separatamente per il riutilizzo e il riciclaggio e 11,6 kg a persona sono finiti nei rifiuti domestici misti. Un panorama che rende autoevidente la necessità di trovare rimedio al ‘Far West’ in cui versa ora il post-consumo del tessile.
Intanto, finché l’Epr europeo non sarà legge, i consorzi italiani come Erion Textiles cercano di farsi trovare pronti, giocando una partita che – ha raccontato Campadello – da un lato li vede puramente competitor “nella fase di ricerca dei produttori”, dei cui contributi (versati sulla base della quantità, numero o peso, dei capi) i consorzi vivono, ma anche fare fronte comune “di fronte al Ministero, quando si tratta di definire un piano di competizione che sia equo e delle regole che siano omogenee”. Dal canto suo, Erion Textiles ha tra le frecce al proprio arco “l’esperienza maturata sul fronte della gestione dei rifiuti in altri settori e che stiamo trasferendo alla filiera tessile”. Erion Textiles, che vanta tra i propri soci fondatori Amazon, Artsana, Essenza, Miroglio Fashion, Rimoda Lab e Save the Duck, fa infatti parte del più ampio Erion, sistema che conta già cinque consorzi che spaziano dai prodotti elettronici alle batterie, dagli imballaggi al tabacco. “Il tessile – aggiunge Campadello – ci entusiasma in modo particolare perché si tratta di qualcosa che inevitabilmente tocca la vita di tutti e al momento, dato che è davvero invischiato in una cattiva gestione, può beneficiare tanto di un nuovo modus operandi, ha grandi potenzialità”. Potenzialità anche per i consumatori, che avranno informazioni più chiare su come liberarsi dei propri capi dismessi e una certezza in più (sebbene non matematica, sottolinea il manager, perché la rete dei consorzi non potrà coprire interamente il ‘fabbisogno di smaltimento) sul loro fine vita.
In agenda, sul fronte della tracciabilità, il tema del passaporto digitale, di cui Erion in qualità di consorzio si occuperebbe dell’infrastruttura tech in virtù del programma ‘Horizon Europe’ dell’istituzione europea. Il tessile diventerebbe, così, uno dei primi comparti a sperimentarlo in modo sistematico, insieme al segmento delle batterie, che l’ha introdotto già un anno fa ma non ancora concretizzato. Il team di eco-design a livello europeo, però, non è ancora partito su questo fronte e ci sarà da attendere più tempo. Ma, anche in questo caso, “è bene farsi trovare pronti”, sottolinea ancora Campadello.